𝐍𝐎𝐍 𝐀𝐁𝐁𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐁𝐈𝐒𝐎𝐆𝐍𝐎 𝐃𝐄𝐈 𝐂𝐎𝐍𝐒𝐈𝐆𝐋𝐈 𝐃𝐈 𝐄𝐋𝐎𝐍 𝐌𝐔𝐒𝐊,
𝐏𝐄𝐑𝐂𝐇É 𝐈𝐍 𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀 𝐒𝐀𝐏𝐏𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐁𝐄𝐍𝐈𝐒𝐒𝐈𝐌𝐎 𝐒𝐁𝐀𝐆𝐋𝐈𝐀𝐑𝐄
𝐃𝐀 𝐒𝐎𝐋𝐈: 𝐋𝐎 𝐀𝐁𝐁𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐒𝐄𝐌𝐏𝐑𝐄 𝐅𝐀𝐓𝐓𝐎. 𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐀𝐈𝐔𝐓𝐈𝐍𝐈.
𝘭'𝘦𝘥𝘪𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢𝘭𝘦 𝘥𝘪 𝘔𝘪𝘳𝘤𝘰 𝘔𝘢𝘨𝘨𝘪
È
vero. La nostra magistratura, o almeno una buona parte di essa (non
tutta, sia chiaro), è sfacciatamente scandalosa. Emette sentenze
“politiche” senza ritegno e senza vergogna; garantisce a ladri,
assassini, spacciatori e delinquenti l’impunità; contrasta l’operato
delle forze dell’ordine e demotiva le persone oneste. Non solo è vero:
è verissimo. Ma che sia Elon Musk a bacchettarci, no, non può starci
bene. Il miliardario ormai vicepresidente in pectore degli USA, quello
che si è comprato a suon di milioni il suo spazio alla Casa Bianca, non
può dirci cosa e come fare. Non può farlo perchè noi siamo italiani, e
sappiamo sbagliare benissimo da soli. Abbiamo addirittura votato FDI,
abbiamo una sinistra ridicola che implode su sé stessa, i 5 Stelle che
finiscono agli stracci, la sanità che si sbriciola e la scuola che va a
pezzi. E soprattutto, abbiamo una manovra di bilancio che si “vanta” di
aver aumentato di ben 3 euro le pensioni minime.
Ma scherziamo signor Musk? Cosa ha da insegnare a noi? Lei, i suoi
miliardi, le sue Tesla e i suoi satelliti potete tranquillamente
mettervi l’animo in pace: noi siamo italiani e abbiamo inventato tutto,
abbiamo scritto la storia del mondo e quando avevamo un impero, i
signori Musk e l'America, dovevano aspettare ancora 1500 anni per
nascere.
Certo, la buffonata degli hub albanesi e la scaramuccia tra
Magistratura e Governo è ridicola, un po’ come quella dei banchi con le
rotelle se vogliamo. Così come è ridicola la ventilata condanna a
Salvini per non aver fatto sbarcare i clandestini. Ma sono proprio
queste le nostre pagliacciate e tarantelle nostrane e tutte tricolore,
e ci siamo abituati da secoli, e non ci serve un signor Musk
stelle-e-strisce a dirci cosa dobbiamo fare o che cosa non dobbiamo
fare. Abbiamo sempre saputo sbagliare da soli, e lo sappiamo fare
benissimo e con professionalità, senza il suo aiuto e senza i suoi
consigli.
Ha fatto benissimo il nostro Presidente Mattarella a bacchettarla:
"l’Italia sa badare a sé stessa". Parole sante, Presidente. E il suo
rimbrotto signor Musk: “posso esprimere opinioni”. lascia solo il tempo
che trova e non serve proprio a niente; nè la sua opinione nè il suoi
aiutino.
Con l’era Trump vedremo dei sonori cambiamenti, questo è chiaro e
palese, e meno male che non ha vinto la Harris, altrimenti oggi avremmo
Zelensky su un trono d’oro a sniffare cocaina in stile Scarface e tutti
noi con l’obbligo di osannarlo. Almeno con il duo Stanlio e Ollio
(Trump e Musk) questo personaggio ce lo siamo tolti dai piedi per
sempre. Per tutto il resto staremo a vedere, perché si sa che la
campagna elettorale è una cosa, e il governo è un'altra. Lo sappiamo
bene noi che abbiamo un Premier che nelle passate campagne elettorali
voleva togliere le accise, uscire dall’euro, riformare le pensioni e
contrastare le sanzioni a Putin, e poi, una volta diventata Premier, ha
dimenticato tutto. O meglio: non ha dimenticato proprio niente, ma
quella poltrona di potere, da sempre, cambia le persone e le loro idee,
e anche questo lo sappiamo bene da noi, caro signor Elon Musk. Quindi
tenga per sé i suoi consigli e le sue inutili esternazioni, e continui
a lasciarci sbagliare bene e con esperienza, come abbiamo sempre fatto,
senza aiutini e senza raccomandazioni, e soprattutto senza dover dare
retta a nessuno.
Anzi, signor Musk, faccia così: si tenga pure tutte le sue Tesla con le
Duracell e i suoi giocattoli satellitari per Internet. Noi abbiamo
ancora le nostre Alfa Romeo a benzina, e ne siamo fierissimi, e abbiamo
l'esercito di TIM e Vodafone che ci offre collegamenti al Web
imbrogliandoci bellamente ogni giorno, e glielo lasciamo pure fare.
Quindi non ci serve niente, abbiamo tutto. e grazie lo stesso Elon.
Continui pure a farsi i fatti suoi, che è molto meglio.
Siamo italiani e lei non potrà mai sapere cosa vuol dire esserlo. E ci dispiace. Per lei ovviamente..



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In
Italia è un vero e proprio "esercito" ed è una realtà che
comporta non solo spese più alte, ma anche una serie di sfide sociali e
pratiche.
LA VITA “DURA” DEI “SINGLE”: SONO QUASI 10 MILIONI.
COSTI ALTISSIMI, NESSUNA TUTELA, E RISCHI PIU’ ALTI.
In
Italia, per 8,8 milioni di persone la vita da single è una realtà che
comporta non solo spese più alte, ma anche una serie di sfide sociali e
pratiche. Nonostante i numeri in aumento, chi vive da solo si trova in
una situazione di svantaggio economico e spesso di isolamento che rende
la vita quotidiana molto più dura di quanto appaia. Secondo Coldiretti,
il costo della vita per un single è dell’80% più alto rispetto a quello
di un componente di una famiglia media. Questa disparità di spese è
evidente su più fronti, dagli alimentari, che costano il 53% in più per
chi vive solo, alle bollette, che arrivano fino al 156% in più rispetto
alla media pro capite.
Ma il problema non è solo economico. Le difficoltà dei single sono
acuite dall’assenza di un supporto familiare nelle situazioni di
emergenza o di malessere. Chi vive da solo, in caso di problemi di
salute o di un imprevisto, deve affrontare tutto da sé o fare
affidamento su conoscenti e amici, che spesso però non hanno lo stesso
ruolo di una famiglia. L'assenza di una rete di supporto stabile può
amplificare il senso di solitudine e rendere le sfide quotidiane più
gravose, soprattutto in un periodo storico in cui la precarietà
economica e lavorativa rende difficile guardare al futuro con
tranquillità. Anche il benessere psicologico è spesso minato per i
single, che non solo hanno minori possibilità di dividere le spese ma
sono anche meno considerati dalle istituzioni: le recenti misure della
legge di bilancio 2025 continuano infatti a favorire le famiglie
numerose, mentre i single restano esclusi da ogni agevolazione.
Anche la sfera emotiva è complessa. Non avere un partner o una famiglia
può portare a momenti di isolamento sociale, e l’idea di costruire
legami affettivi diventa più difficile, anche a causa del contesto
economico. Spesso chi vive da solo lavora più ore per far fronte alle
spese e ha meno tempo ed energie per cercare una relazione. E sebbene i
single siano una componente crescente della popolazione, non godono di
alcun vantaggio in termini di politiche sociali. Chi è solo deve
infatti fare i conti non solo con spese più alte, ma anche con un
sistema fiscale che non offre sgravi o incentivi per chi, per scelta o
per circostanze, affronta la vita senza un supporto familiare. Per
molti, la vita da single non è una scelta ma una realtà che
richiederebbe un riconoscimento adeguato da parte dello Stato.
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LA “VIDEONOTIZIA” DE L’AUDACE
𝐀𝐋𝐋𝐀𝐑𝐌𝐄 𝐒𝐀𝐍𝐈𝐓𝐀' 𝐈𝐍 𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀: 𝐏𝐈𝐔’ 𝐃𝐈 𝟐𝟎.𝟎𝟎𝟎 𝐌𝐄𝐃𝐈𝐂𝐈 𝐏𝐑𝐎𝐍𝐓𝐈
𝐀 “𝐒𝐂𝐀𝐏𝐏𝐀𝐑𝐄” 𝐃𝐀𝐋 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎 𝐏𝐀𝐄𝐒𝐄. 𝐓𝐔𝐑𝐍𝐈
𝐌𝐀𝐒𝐒𝐀𝐂𝐑𝐀𝐍𝐓𝐈, 𝐎𝐒𝐏𝐄𝐃𝐀𝐋𝐈 𝐒𝐎𝐓𝐓𝐎𝐑𝐆𝐀𝐍𝐈𝐂𝐎, 𝐄
𝐏𝐄𝐑𝐈𝐂𝐎𝐋𝐎 𝐃𝐈 𝐀𝐆𝐆𝐑𝐄𝐒𝐒𝐈𝐎𝐍𝐈.
E' un vero e proprio allarme, che si protrae ormai da anni, ma che negli ultimi tempi sta assumendo dimensioni allarmanti
e
lo scenario futuro è apocalittico: stiamo rischiando di rimanere senza
assistenza da parte dei nostri medici che sono sempre
più demotivati e numericamente inferiori alla necessità reale del paese.
Gli ospedali non sono più in grado di gestire il flusso dei ricoveri e
dei pronto soccorso, i medici di base non riescono a seguire
il numero sempre maggiore di utenti, e i problemi che riguardano la categoria non solo vengono di fatto ignorati,
ma non si vede una risoluzione immediata e decisiva del problema. Sono inoltre elevati i casi in cui i medici vengono aggrediti
dai pazienti o dai familiari dei pazienti. I turni di lavoro
spesso sono superiori alle possibilità fisiche degli operatori,
e gli stipendi sono nettamente inferiori rispetto alle altre città europee, al punto che si prevede,
solo quest'anno, l'esodo di circa 20.000 medici all'estero.
Abbiamo voluto chiarire meglio il problema rivolgendoci ad uno dei collaboratori consulenti scientifici de L'Audace,
il dottor Gian Luca Ferraro, chiedendo, in estrema sintesi, di esporci il problema attraverso una “videonotizia”,
per far sapere ai lettori cosa sta realmente accadendo in Italia e quali sono i rischi che noi tutti corriamo.
Il Dr. Gian Luca Ferraro è Medico Chirurgo specializzato in Ecografia Internistica. 30anni di esperienza
con 10 mila pazienti annui, ha partecipato a più di 400 interventi chirurgici, di cui 30 come primo operatore.
E' stato Responsabile di Ematologia, 4 volte Direttore Sanitario e ha prestato servizio con il
Corpo Militare della Croce Rossa Italiana come Medico di Guardia e di Primo Soccorso.
Ha partecipato alla Missione umanitaria in Kosovo nel 2010 e ha collaborato presso Cliniche di Dubai.
Presta servizio presso i più importanti nosocomi italiani e svolge attività di relatore
in convegni medici ed è ospite in numerose trasmissioni televisive.
𝐂𝐥𝐢𝐜𝐜𝐚 𝐢𝐥 𝐥𝐢𝐧𝐤 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐝𝐞𝐨𝐧𝐨𝐭𝐢𝐳𝐢𝐚 𝐝𝐞 𝐋'𝐚𝐮𝐝𝐚𝐜𝐞:
https://www.youtube.com/watch?v=oTyh0VUxp7E

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𝗟'𝗔𝗗𝗗𝗜𝗢 "𝗦𝗜𝗟𝗘𝗡𝗭𝗜𝗢𝗦𝗢" 𝗔𝗟 𝗕𝗢𝗡𝗨𝗦 𝗘𝗟𝗘𝗧𝗧𝗥𝗜𝗖𝗢 𝗦𝗧𝗥𝗔𝗢𝗥𝗗𝗜𝗡𝗔𝗥𝗜𝗢.
𝗜𝗟 𝗚𝗢𝗩𝗘𝗥𝗡𝗢 𝗔𝗕𝗕𝗔𝗡𝗗𝗢𝗡𝗔 𝗟𝗘 𝗙𝗔𝗠𝗜𝗚𝗟𝗜𝗘 𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗔𝗡𝗘 𝗜𝗡 𝗗𝗜𝗙𝗙𝗜𝗖𝗢𝗟𝗧𝗔'
Non lo sapevate? No, certo che non lo sapevate, perchè a nessuno è
stato detto. Le corazzate della carta stampata tacciono,
i TG fingono
di non sapere, e Il Governo continua a sbandierare successi e vittorie
che non esistono nella realtà.
I giovani lottano con una disoccupazione
disastrosa e scappano all'estero perchè delusi da questo paese di
arraffoni, di falsi e di bugiardi.
I Medici se la danno a gambe perchè
mal pagati, non protetti e vessati su ogni fronte. Le pensioni sono
sempre sulla soglia dei 67 anni
(lo smembamento della Legge Fornero è
solo una barzelletta come quella del Ponte di Messina e il taglio delle
accise della benzina)
e continuano a diminuire anzichè aumentare.
Trasporti, benzina, luce, gas, alimentari e qualsiasi altra cosa
aumentano veritginosamente
e l'apparato sociale di questo Governo non
solo non esiste, ma mente, tace e silenziosamente toglie tutto ciò che
può. Sottrae invece che addizionare.
Il Governo Meloni ha spesso proclamato a gran voce il proprio impegno a
sostegno delle famiglie italiane, soprattutto quelle più vulnerabili.
I
messaggi ufficiali parlano di fantasiose, e di fatto inesistenti,
misure per abbassare i costi della vita, di interventi per mitigare
l'impatto della crisi energetica, e di un’attenzione particolare verso
chi è più in difficoltà. Tutte balle cari lettori perchè dietro questa
retorica si nasconde una realtà ben diversa. Le politiche recenti
raccontano una storia di promesse disattese e di aiuti dimezzati,
in un
contesto in cui la necessità di supporto è più urgente che mai.
Un caso su tutti, scandaloso: dal 1° aprile 2024, il bonus sociale
sulle bollette, destinato a sostenere le famiglie più vulnerabili,
è
stato drasticamente ridimensionato. In sordina, senza alcun preavviso
né spiegazioni chiare: il Governo ha eliminato
il contributo
straordinario che, fino a quel momento, aveva permesso a molti italiani
di affrontare l'aumento vertiginoso dei costi energetici.
Questo
taglio, passato inosservato, rappresenta un duro colpo per chi già
fatica a sbarcare il lunario. Arera,
l'Autorità di Regolazione per
Energia Reti e Ambiente, che svolge attività di regolazione e controllo
nei settori dell'energia elettrica,
ha riferito che è anche sparita la
"conpensazione", ovvero quella procedura che identificava i reali
bisogni della famiglie
in difficoltà e che maggiorava l'erogazione del
bonus in base a criteri di calcolo mirati.
𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐭𝐚𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐚𝐥 𝐛𝐨𝐧𝐮𝐬 𝐞𝐥𝐞𝐭𝐭𝐫𝐢𝐜𝐨 è
𝐚𝐯𝐯𝐞𝐧𝐮𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝐬𝐢𝐥𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨 𝐩𝐢ù 𝐚𝐬𝐬𝐨𝐥𝐮𝐭𝐨! Non
c'è stato alcun dibattito pubblico,
nessuna discussione politica,
nessun annuncio che mettesse in guardia le famiglie su quanto stava per
accadere. Una manovra subdola,
che dimostra l'indifferenza di chi ci
governa verso le esigenze di milioni e milioni di famiglie italiane.
Invece di proteggere
i più deboli, il Governo ha scelto di sottrarre
risorse proprio a chi ne ha più bisogno, lasciando le famiglie italiane
ad
affrontare bollette sempre più care senza alcun sostegno adeguato.
Un taglio Ingiustificato che abbandona quindi al proprio destino le
famiglie più fragili. Il bonus elettrico, che nel 2023
e nei primi mesi
del 2024 aveva garantito un sostegno significativo, è stato riportato
agli importi standard stabiliti dall'Arera.
Per le famiglie con un ISEE
fino a 9.530 euro (e non più 15.000 euro come negli anni scorsi)
l'importo del bonus si è
ridotto drammaticamente lasciando molti con un
aiuto insufficiente di fronte ai costi crescenti delle bollette.
Per
comprendere meglio a quanto ammonta oggi il bonus elettrico in bolletta
(una vera e propria miseria) basta dare
una occhiata alla fotografia a
fine articolo presa dal sito Arera: il bonus in bolletta è pari a 11,7€
al mese: praticamente niente, o poco meno di niente.
Un'altra modifica significativa, a altrettanto silenziosa, è stata
l'eliminazione dell'automatismo tra l'Assegno di Inclusione
(modifica
che ha di fatto sostituito i percettori, in numero nettamente
inferiore, del reddito di citadinanza), e il bonus
sociale per luce e
gas. Prima del 1° gennaio 2024, chi riceveva il Reddito di Cittadinanza
otteneva automaticamente anche il bonus
di compensazione sulle
bollette. Ora, però, questo collegamento è stato interrotto,
complicando ulteriormente l'accesso a queste agevolazioni.
Il taglio al bonus elettrico non è quindi solo una "misura economica",
ma un segnale chiaro ed inequivocabile di come questo
Governo intenda
trattare, di fatto, le fasce più vulnerabili della popolazione: con
indifferenza e distacco. Le famiglie italiane,
già in difficoltà per
l'aumento dei costi energetici, si trovano ora a dover affrontare un
futuro ancora più incerto, con meno
supporto e più difficoltà. È una
scelta politica che tradisce chi ha creduto in questo Governo e che ora
si ritrova a fare i conti,
da solo, con l'aumento insostenibile delle
spese. Questo cambiamento rappresenta una sfida aggiuntiva per le
famiglie italiane,
che devono ora affrontare un aumento delle spese
energetiche con meno supporto da parte dello Stato.
Il caso dell'abbattimento del bonus elettrico è davvero emblematico:
presentato come una misura cruciale per proteggere
i più deboli
dall’aumento dei costi energetici, questo sostegno è stato gradualmente
ridotto, fino a tornare ai minimi storici,
proprio quando le famiglie
ne avevano maggiormente bisogno. Il Governo, pur vantandosi di aver
salvaguardato i cittadini
più fragili, ha in realtà ritirato, in totale
silenzio, quei contributi straordinari che avevano reso il bonus
un
vero sollievo per milioni e milioni di famiglie italiane.
Quindi, la domanda sorge spontanea: il Governo ha forse mantenuto le
sue promesse? Ha davvero abbassato
i costi e salvaguardato i deboli?
Macchè. I fatti dimostrano purtroppo il contrario. Invece di potenziare
il supporto
economico in un momento critico, l'Esecutivo ha scelto di
ridurre gli aiuti, lasciando le famiglie più povere a fronteggiare
da
sole l’aumento delle bollette e l’incertezza per il futuro. Questa
dissonanza tra parole e fatti non può passare inosservata,
soprattutto
quando le conseguenze ricadono su chi già lotta per arrivare a fine
mese.
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𝐒𝐇𝐀𝐑𝐎𝐍 𝐕𝐄𝐑𝐙𝐄𝐍𝐈 𝐅𝐀 𝐑𝐈𝐌𝐀 𝐂𝐎𝐍 𝐘𝐀𝐑𝐀 𝐆𝐀𝐌𝐁𝐈𝐑𝐀𝐒𝐈𝐎?
𝗟𝗔 𝗠𝗔𝗡𝗢 𝗖𝗛𝗘 𝐇𝐀 𝗨𝗖𝗖𝗜𝗦𝗢 𝗟𝗘 𝗗𝗨𝗘 𝗗𝗢𝗡𝗡𝗘 𝗘' 𝗟𝗔 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗔?
Il PM per fortuna non è lo stesso di Yara Gambirasio, ma ci sono
troppe assonanze tra i due delitti. Le indagini brancolano nel buio,
non si trova il movente e soprattutto vi sono in comune troppe e troppe sinistre incongruenze.
A pochi chilometri di distanza, due vite spezzate in modo crudele e inspiegabile. Sharon Verzeni, 33 anni, accoltellata
senza pietà durante una passeggiata serale a Terno d'Isola. Yara Gambirasio, giovanissima promessa della ginnastica,
brutalmente uccisa e abbandonata in un campo a Chignolo d'Isola. Queste due tragedie sono forse legate tra loro?
Potrebbe essere che le loro morti siano adirittura opera dello stesso mostro? Che sia stato condannato all'ergastolo,
in tre gardi di giudizio, un innocente, come tale si è sempre dichiarato Bossetti? Chi lo sa.
Ma è una domanda che nessuno osa pronunciare a voce alta, che nessun giornale, a parte L'Audace, si azzarda a scrivere,
ma è un dubbio che si sussurra segretamente, tra i corridoi delle
indagini. Le somiglianze tra i due casi sono inquietanti: nessun
movente chiaro,
indizi che sfuggono come sabbia tra le dita, telecamere che sembrano aver voltato gli obiettivi nel momento cruciale.
E poi, quel ritorno al passato: la ricerca del DNA a tappeto, la stessa
strategia che ha portato all’arresto di Massimo Bossetti,
condannato per l'omicidio di Yara, ma il cui caso è ancora avvolto da ombre e dubbi.
Le autorità, stavolta, si stanno muovendo con cautela, evitando di
iscrivere qualcuno nel registro degli indagati, almeno per ora.
Ma la pressione cresce, mentre gli investigatori scandagliano il passato di Sharon, cercando una ragione, un segnale che possa
spiegare una fine così violenta, ma pare che non abbiamo trovato proprio niente. Il compagno di Sharon, Sergio Ruocco,
è
stato interrogato, la sua vita è stata passata al setaccio. Le
telecamere lo scagionano e non avrebbe nessun movente noto.
Chi ha atteso nell'ombra il momento giusto per colpire Sharon? Chi ha prelevato Yara e l'ha fatta sparire?
Potrebbe essere la stessa persona, un residente della zona
insospettabile e fidato? Magari qualcuno conosciuto da tutti e ritenuto
innocuo?
Le analisi del cellulare di Sharon potrebbero rivelare molto ma per il
momento non emerge alcun fatto sostanziale. Si cerca una telefonata,
un messaggio, un appuntamento che si è trasformato in una trappola
mortale. Ma chi è l'assassino? Un volto sconosciuto o,
come molti
temono, qualcuno di già noto alle cronache? La sola idea che
l’assassino di Yara possa aver colpito ancora fa rabbrividire.
Anche il
territorio è lo stesso, con Terno d’Isola che si ritrova a pochi
chilometri da Chignolo D'Isola, teatri di un orrore inspiegabile
e al
centro di una coincidenza troppo significativa per non passare
inosservata.
Mentre le indagini proseguono, la tensione nella comunità cresce. Le
persone si guardano intorno con sospetto, partecipano ai test del DNA
con il timore di scoprire una verità troppo oscura da accettare. E
l'ombra di Bossetti, ancora incarcerato per il delitto di Yara,
aleggia su tutto, alimentando i dubbi su un'indagine che molti ritengono frettolosa e imperfetta.
Gli investigatori continuano a interrogare residenti e non, a setacciare le immagini delle videocamere di sorveglianza,
nella speranza di trovare quel dettaglio che possa fare la differenza.
Ma il tempo scorre, e il timore che il colpevole possa svanire nel
nulla,
proprio come accadde con Yara, si fa sempre più concreto. Ma
soprattutto tra i cittadini di Terno D'Isola serpeggia un'altra paura,
ancora più forte,
quella che per un errore delle analisi e con la necessità di trovare
per forza un colpevole, possa essere condannato un altro innocente.
Ma alla fine, rimane sempre e solo lo stesso interrogativo che
ossessiona tutti: perché Sharon? Perchè Yara? Una domanda che potrebbe
non trovare mai una risposta, ma che continuerà a tormentare chi cerca
giustizia e verità e chi, forse, teme che l’incubo di Yara non sia mai
veramente finito.

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𝐓𝐑𝐀 𝐎𝐍𝐃𝐄 𝐄 𝐒𝐔𝐎𝐍𝐈: 𝐈𝐋 𝐏𝐈𝐎𝐍𝐈𝐄𝐑𝐄 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐈𝐆𝐈𝐓𝐀𝐋𝐄
𝐂𝐇𝐄 𝐇𝐀 𝐀𝐍𝐓𝐈𝐂𝐈𝐏𝐀𝐓𝐎 𝐋'𝐄𝐑𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐍𝐓𝐄𝐋𝐋𝐈𝐆𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐀𝐑𝐓𝐈𝐅𝐈𝐂𝐈𝐀𝐋𝐄
Nel panorama musicale, spesso dominato da tendenze passeggere e mode fugaci, emergono figure che, con lungimiranza
e spirito innovativo, riescono a vedere molto più avanti, in là nel
tempo. Tra queste, il percorso di un musicista che, partendo dal
pizzicare
le corde di una chitarra, ha attraversato le galassie sonore della
musica elettronica e oggi si trova a plasmare le sonorità del futuro
con l'intelligenza
artificiale, e rappresenta un caso esemplare di visione pionieristica della musica del terzo millennio.
E' la storia di Gilberto Fuzzi, titolare con il fratello Cesare dello
"Scalo54", uno degli stabilimenti balneari più storici di Riccione.
Tutto comincia con una chitarra e un maestro, l’amico Onorino Tiburzi,
che attraverso lezioni private, ha acceso la passione per
la musica in un giovane ventenne. Ma quella fiamma non si è fermata
alla musica tradizionale; si è alimentata con la sperimentazione,
la curiosità e la ricerca continua di nuovi orizzonti sonori. La musica
new age, la techno, l'house sono stati i primi mondi esplorati
e
traguardati: un percorso di scoperta e innovazione che ha visto questo
artista tuffarsi con coraggio nelle profondità della
musica elettronica computerizzata, quando ancora pochi intravedevano il potenziale di questi strumenti.
La sua carriera è un viaggio attraverso i generi musicali, un continuo reinventarsi che lo ha portato a essere un precursore,
un vero esploratore di frontiera in un'epoca in cui la tecnologia e la
creatività iniziavano a dialogare. Il 2006 segna il debutto
con "Freedom for Night", un disco che, sorprendentemente, trova eco in paesi come il Giappone e gli Stati Uniti.
Un anno dopo, con "Miami Beach Experience", la musica diventa racconto, ispirata da una breve vacanza a Miami,
e dimostra la capacità dell'artista di assorbire e reinterpretare le influenze globali in modo del tutto personale.
Eppure, non si tratta solo di musica. C'è stato anche un periodo di inattività in cui l'artista si è dedicato alla fotografia,
un'altra forma d'arte che lo ha portato a realizzare un'impresa
straordinaria: la foto di gruppo più grande del mondo sulla spiaggia di
Riccione,
coinvolgendo circa 10.000 turisti. Anche qui, si manifesta la sua inclinazione naturale a guardare avanti,
oltre; a cercare di catturare, in un solo scatto, o con un insieme di suoni, l'essenza di un momento irripetibile.
Ma è con il ritorno alla musica, nel 2023, che si compie il vero "salto" nel futuro. Assistendo a una manifestazione canora
in cui alcuni cantanti si sono esibiti con canzoni create
dall'intelligenza artificiale, l'artista sente nuovamente quel richiamo
all'innovazione.
Decide di approfondire, di esplorare le potenzialità di questa nuova frontiera. E così, nel 2024, nascono tre singoli
che non sono solo brani musicali, ma veri e propri manifesti di un nuovo modo di concepire la creatività.
"Container Dreams", "Walking by The Ocean" e "Romagna Mountain" non sono semplicemente canzoni,
ma esperimenti sonori in cui le voci dei cantanti sono completamente
virtuali, create e orchestrate con l'ausilio dell'intelligenza
artificiale.
Qui, la musica elettronica si fonde con l'AI per dare vita a qualcosa
di inedito, in cui la tecnologia diventa strumento creativo e non solo
mezzo espressivo.
In particolare, "Romagna Mountain" rappresenta un omaggio sentito alle radici, alle colline romagnole
e a quel paesaggio spesso trascurato a favore delle più celebri
spiagge e dei locali notturni. È una dichiarazione d'amore
per un entroterra che offre paesaggi da sogno, castelli e borghi
antichi, e che l'artista vuole valorizzare attraverso la sua musica.
Con queste opere, distribuite su piattaforme globali come Spotify, Amazon e iTunes, il pioniere della musica elettronica
e dell'intelligenza artificiale ha aperto una nuova strada, dimostrando
ancora una volta come la sua visione abbia sempre preceduto i tempi.
Un precursore, un innovatore, un artista che, a distanza di anni, continua a spingersi oltre,
esplorando nuovi territori sonori e dimostrando che il futuro della musica è già qui, pronto per essere ascoltato.
Walking by the Ocean
https://music.apple.com/it/song/walking-by-the-ocean/1757661982
Container Dreams
https://music.apple.com/it/album/container-dreams-single/1754844801
Romagna Mountain
https://music.apple.com/it/album/romagna-mountain-single/1754838166

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𝗗𝗜 𝗖𝗔𝗟𝗗𝗢, 𝗗𝗜 𝗕𝗢𝗦𝗦𝗘𝗧𝗧𝗜, 𝗗𝗜 𝗗𝗢𝗖𝗨𝗦𝗘𝗥𝗜𝗘, 𝗘 𝗗𝗜 𝗩𝗘𝗥𝗚𝗢𝗚𝗡𝗔 𝗜𝗧𝗔𝗟𝗜𝗖𝗔
l'editoriale di Mirco Maggi
Oggi pomeriggio ho incontrato per caso il mio medico, il dottor
Antonio Basile, collaboratore de L'Audace e supervisore scientifico dei
miei libri. La prima cosa che mi ha detto è stata: "ma non vi
vergognate un po', voi giornalisti, a scrivere articoli così mediocri e
senza senso, dicendo che in questi giorni fa caldo? Siamo in estate! E
in estate fa caldo, ma non lo capite? Dov'è la notizia?". Ho risposto
con un sorriso, e ho minimizzato. Perchè sarebbe stata una risposta
troppo lunga da dare, e avrei dovuto anche spiegare al dottor Basile
come mai tanti miei colleghi hanno contribuito, con la loro leggerezza,
la loro opinione per nulla super partes, e con il loro atteggiamento
asservito a un potere ottuso e cieco, a far finire in galera un uomo
che potrebbe essere innocente. E mi riferisco a Massimo Bossetti,
l’assassino, per la giustizia italiana nei tre gradi di giudizio, della
povera Yara Gambirasio. Ma queste risposte sono davvero difficili, se
non impossibili, da dare.
Ieri L'Audace ha pubblicato uno speciale sul caso della docuserie in
onda su Netflix, che ripercorre appunto tutta la trafila giudiziaria
dell’omicidio di Yara e la carcerazione e la condanna all'ergastolo di
Massimo Bossetti. L’audience televisiva della fiction è stata senza
precedenti, e questo vuol dire che milioni di italiani non sono per
nulla convinti, e restano dubbiosi in merito all’ergastolo inflitto a
Bossetti.
È risaputo e giusto che le sentenze dei giudici non si discutono, ma è
anche risaputo che l'operato di certi magistrati fa rabbrividire,
perché la storia della nostra giustizia almanacca così tanti errori
giudiziari da fare paura. Il caso Bossetti è sicuramente uno di questi,
e solo il tempo potrà dare le risposte corrette, ma in attesa che
questo accada c'è un uomo in carcere, da più di dieci anni, che si è
sempre professato innocente, e contro cui è stato costruito un castello
di prove incerte e traballanti, spacciate però per concrete e
inoppugnabili e appunto, non "oltre ogni ragionevole dubbio".
La PM Letizia Ferraro che ha coordinato le indagini sull'omicidio di
Yara, è stata indagata due anni fa per frode in processo e depistaggio.
A innescare l’iscrizione nel registro, secondo i legali di Massimo
Bossetti, sarebbe stata proprio la gestione poco attenta dei campioni
di DNA utilizzati per l'indagine, per cui sarebbe saltata la corretta
catena del freddo con il trasferimento dal laboratorio del San Raffaele
di Milano, dove erano conservati a 80 gradi sottozero, a uno scatolone
dell’Ufficio corpi di reato di Bergamo a temperatura ambiente, con la
conseguente impossibilità di condurre una nuova analisi del materiale
da anni sollecitata e mai ottenuta dal pool difensivo dell’ex muratore
di Mapello condannato all’ergastolo.
Ma è anche un po’ colpa della stampa se questo caso è stato percepito
in maniera così contraddittoria? "NI". Conosco tantissimi colleghi
attenti, preparati, competenti e bravi, che non cascano nei tranelli
dei comunicati ufficiali senza cercare di capire cosa sia accaduto
realmente; e poi ci sono quelli che vivono invece di veline e di
favori da corrispondere alle istituzioni. Ed è proprio questo quello
che avrei voluto dire al dottor Basile: e cioè di non preoccuparsi o di
scandalizzarsi tanto dei giornalisti che fanno servizi scontati e
pleonastici sul "caldo che fa caldo", ma di temere la manipolazione dei
tanti pseudo esperti, dei fenomeni da baracconi e trasmissioni
televisive; di quelli che si sono sperticati non solo a convincere
l’opinione pubblica che Bossetti era certamente il colpevole, prima
ancora dei tre gradi di giudizio, ma che hanno addirittura, anche in
questi giorni, criticato la docuserie Netflix, che guarda caso è prima
negli ascolti serali in tutto il paese.
Il Corrierone stesso, l’ammiraglia dell’informazione della carta
stampata, ha immediatamente lanciato reprimende, strali e anatemi sul
contenuto della docuserie, e a seguire hanno espresso gli stessi pareri
tutti quei personaggi improbabili, i finti criminologi dei format tv,
cioè quelli chirurgicamente preparati, ma solo nell’estetica e nei
ritocchi facciali, e non nella comprensione dei fatti di cronaca.
Cari lettori: il circo mediatico sta riaprendo le tende sul caso
Bossetti, preparatevi; perché ne vedremo, e purtroppo ne sentiremo
ancora delle belle, perché stanno per tornare i nuovi talk show dove
imperverseranno gli stessi personaggi pieni di titoli accademici ma
privi di qualsiasi capacità di identificare una prova certa da una
prova incerta, e di capire quale sia la reale differenza tra una
ipotesi e una certezza. Gli stessi che si sono accaniti anni fa, e che
ancora si accaniranno su Bossetti, nonostante il fallimento acclarato
di un’indagine costata milioni di euro, mal fatta, male gestita, male
organizzata, e soprattutto non conclusa, e che meriterebbe un attento
riesame su più fronti.
Meglio parlare del caldo che fa caldo dottor Basile, mi creda.
Fa molto meno male. Molto, ma molto, meno male.
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𝐘𝐀𝐑𝐀 𝐆𝐀𝐌𝐁𝐈𝐑𝐀𝐒𝐈𝐎, 𝐋𝐀 𝐃𝐎𝐂𝐔𝐒𝐄𝐑𝐈𝐄 𝐓𝐑𝐀𝐒𝐌𝐄𝐒𝐒𝐀 𝐒𝐔 𝐍𝐄𝐓𝐅𝐋𝐈𝐗:
𝐀𝐒𝐂𝐎𝐋𝐓𝐈 𝐑𝐄𝐂𝐎𝐑𝐃 𝐄 𝐏𝐎𝐋𝐄𝐌𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐈 𝐋𝐄𝐆𝐀𝐋𝐈 𝐃𝐄𝐈 𝐆𝐀𝐌𝐁𝐈𝐑𝐀𝐒𝐈𝐎.
𝐁𝐎𝐒𝐒𝐄𝐓𝐓𝐈 𝐏𝐎𝐓𝐑𝐄𝐁𝐁𝐄 𝐄𝐒𝐒𝐄𝐑𝐄 𝐈𝐍𝐍𝐎𝐂𝐄𝐍𝐓𝐄? 𝐋𝐀 𝐏𝐌 𝐄' 𝐒𝐓𝐀𝐓𝐀
𝐈𝐍𝐃𝐀𝐆𝐀𝐓𝐀 𝐃𝐀𝐋 𝐆𝐈𝐏 𝐏𝐄𝐑 𝐅𝐑𝐎𝐃𝐄 𝐈𝐍 𝐏𝐑𝐎𝐂𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐄 𝐃𝐄𝐏𝐈𝐒𝐓𝐀𝐆𝐆𝐈𝐎.
L’omicidio di Yara Gambirasio, ritornato sotto i riflettori grazie
alla docuserie di Netflix "Il Caso Yara, oltre ogni ragionevole
dubbio", oltre alle rimostranze dei legali della famiglia Gambirasio,
solleva importanti interrogativi riguardo alla colpevolezza di Massimo
Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio della giovane.
Nonostante la condanna definitiva (primo grado, appello e Cassazione),
emergono macroscopici errori di indagine e troppi dubbi che meritano
attenta riflessione, soprattutto alla luce di nuovi importanti dettagli
emersi e anche in merito all'iscrizione nel registro degli indagati del
PM Letizia Ruggeri, titolare dell'inchiesta, per frode in processo e
depistaggio. A innescare l’iscrizione nel registro, secondo i legali di
Massimo Bossetti, sarebbe la gestione poco attenta dei campioni di Dna
utilizzati per l'indagine, per cui sarebbe “saltata” la corretta catena
del freddo con il trasferimento dal laboratorio del San Raffaele di
Milano, dove erano conservati a 80 gradi sottozero, ad uno scatolone
dell’Ufficio corpi di reato di Bergamo a temperatura ambiente, con la
conseguente impossibilità di condurre una nuova analisi del materiale
da anni sollecitata e mai ottenuta dal pool difensivo dell’ex muratore
di Mapello condannato all’ergastolo.
In sostanza, l'unica vera prova che ha inchiodato Bossetti è stato
proprio il DNA trovato sugli indumenti intimi di Yara. Tuttavia, la
difesa ha sempre sottolineato diverse anomalie nelle analisi e nella
conservazione dei campioni, sollevando dubbi sulla loro integrità. Si è
scoperto però che i kit utilizzati per gli esami del DNA erano scaduti
e che manca del tutto il DNA mitocondriale di Bossetti sui reperti, e
l'affidabilità della prova genetica, unico cardine su cui poggia tutto
l'apparato accusatorio di Bossetti, è quindi storto, rotto e
malfunzionante. Il PM Letizia Ruggeri non ha mai autorizzato il riesame
del DNA richiesto più volte dalla difesa, sostenendo che non vi fossero
più campioni disponibili. Ma è invece emerso che ne erano rimasti 54
campioni, poi deteriorati dopo la possibilità accordata alla difesa, e
solo alla conclusione del terzo grado di giudizio, di effettuare
l'esame post condanna definitiva.
Ma anche tutti gli altri elementi indiziari presentati dall'accusa non
sono "oltre il ragionevole dubbio". A cominciare dalla localizzazione
del cellulare di Bossetti nella zona della palestra: non è univoca e
potrebbe non essere rilevante, poiché le stesse celle, si è scoperto,
che avrebbero potuto agganciare il cellulare anche a casa sua. Lo
stesso vale per la presenza del furgone nei pressi della palestra di
Yara la sera della sua scomparsa: si tratta di riprese video di bassa
qualità e di video "montati" e consegnati ai giornalisti con
informazioni inesatte e non completamente veritiere. Inoltre, non è mai
stato accertato che le fibre dei sedili del furgone di Bossetti fossero
effettivamente quelle trovate sugli indumenti di Yara.
Anche la prova del materiale pedopornografico contro Bossetti è
"ballerina": nel suo computer non sono mai state trovate immagini
pedopornografiche, ma solo le tracce di "passaggi" su siti per adulti;
un dettaglio che ridimensiona la gravità delle ricerche online
attribuitegli. L'accusa ha poi sottolineato un alibi falso fornito da
Bossetti, ma questo potrebbe essere interpretato come un tentativo di
copertura per timore di accuse infondate. Inoltre, l'assenza di un
movente chiaro per l'omicidio rende ancora più fragile la tesi
accusatoria. Yara è stata trovata in un campo, suggerendo che l'evento
potrebbe essere stato un incidente degenerato piuttosto che un omicidio
premeditato.
L'inchiesta ha mostrato numerosi gravi errori, manchevolezze e
depistaggi, tra cui l'iniziale coinvolgimento di un sospettato
innocente, Mohammed Fikri. Questo dimostra la complessità e le
difficoltà incontrate dagli investigatori, ma anche la possibilità di
aver imboccato una pista sbagliata. Le recenti denunce contro il PM
Letizia Ruggeri per frode in processo e depistaggio evidenziano
ulteriori possibili irregolarità nell'indagine. L'identificazione di
Bossetti come "Ignoto 1" attraverso il DNA del presunto padre
illegittimo, Giuseppe Guerinoni, ha sollevato ulteriori dubbi. Né
Bossetti né la sua famiglia erano a conoscenza della sua presunta
origine, e la madre ha fornito spiegazioni poco convincenti, che però
non dimostrano direttamente la colpevolezza di Bossetti.
La docuserie di Netflix mette in luce ulteriori punti deboli
nell'inchiesta e come molti degli indizi utilizzati contro Bossetti
siano stati interpretati in modo unilaterale, senza considerare
alternative plausibili. Non sono mai state indagate altre piste e altri
sospettati, tra cui il custode della palestra e l'insegnante di
ginnastica di Yara. Si evince infine la palese invasione della privacy
di Bossetti e della sua famiglia durante le indagini, costate oltre 3
milioni di euro.
Sebbene la giustizia italiana abbia ritenuto Massimo Bossetti
colpevole, i numerosi dubbi sollevati dalla difesa e dagli osservatori
indipendenti indicano che il caso merita oggi una revisione più
approfondita. La combinazione di prove contestate, alibi incerti e
errori investigativi, suggerisce che l'ergastolo potrebbe essere stato
inflitto a un uomo innocente. La docuserie di Netflix e le denunce
contro il PM Letizia Ruggeri evidenziano "senza alcun ragionevole
dubbio" la necessità di riesaminare il caso con maggiore attenzione,
per garantire che la verità emerga finalmente e che per Yara venga
fatta,finalmente, una giustizia certa.

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Gli speciali de L’Audace:
𝐀𝐁𝐔𝐒𝐎 𝐃’𝐔𝐅𝐅𝐈𝐂𝐈𝐎: 𝐓𝐔𝐓𝐓𝐈 𝐈 𝐏𝐑𝐎 𝐄 𝐈 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐑𝐎
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𝐈𝐋 𝐃𝐃𝐋 𝐄' 𝐈𝐍 𝐀𝐓𝐓𝐄𝐒𝐀 𝐃𝐄𝐋 𝐕𝐈𝐀 𝐋𝐈𝐁𝐄𝐑𝐀 𝐃𝐈 𝐌𝐎𝐍𝐓𝐄𝐂𝐈𝐓𝐎𝐑𝐈𝐎.
𝐃𝐈𝐕𝐄𝐑𝐆𝐄𝐍𝐙𝐄 𝐄 𝐒𝐂𝐎𝐍𝐓𝐑𝐈 𝐓𝐑𝐀 𝐆𝐎𝐕𝐄𝐑𝐍𝐎 𝐄 𝐎𝐏𝐏𝐎𝐒𝐈𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄.
Il ddl che prevede l'abolizione del reato di abuso d'ufficio è
alla Camera. Il testo, licenziato dal Senato a Febbraio e promosso dal
ministro della Giustizia Carlo Nordio, ora si prepara a ricevere il
semaforo verde di Montecitorio e dovrebbe essere avviato alla
approvazione finale intorno al 10 luglio prossimo.
La cancellazione del reato di abuso d'ufficio è uno dei passaggi
principali della riforma della Giustizia, storica bandiera di Forza
Italia. A sostenerne a gran voce l'abolizione sono tanti i Sindaci
italiani, che accusano la norma attuale di essere la causa delle
numerose indagini aperte nei confronti degli amministratori locali.
Questi ultimi, secondo Nordio, sarebbero "paralizzati dalla paura della
firma", cioè dal timore di apporre la propria firma su atti che poi
potrebbero essere impugnati e denunciati per abuso d'ufficio.
A Gennaio scorso la Commissione europea aveva avvisato il governo
italiano che depenalizzare l'abuso d'ufficio avrebbe potuto ostacolare
la lotta alla corruzione, ma dopo incontro del 14 giugno a
Lussemburgo, tutti gli Stati membri dell’Ue hanno votato a favore.
Oltre ai partiti di Governo si sono espressi a favore dell'abrogazione
della norma anche Azione e Italia Viva, mentre Pd e M5S e tutta
l’opposizione hanno manifestato netta contrarietà al DDL. Per Alleanza
Verdi-Sinistra l'eliminazione del reato è "un atto gravissimo”, un
reato contro la pubblica amministrazione che, nella stragrande
maggioranza dei casi, è un indicatore di fenomeni di corruzione
connessi a volte anche alla criminalità organizzata. Come il Pd, anche
Movimento 5 Stelle e Avs, hanno annunciato il voto contrario,
rafforzato da una mozione di incostituzionalità dell'intero disegno di
legge.
Tra le novità del DDL figurano anche una nuova stretta alla
divulgazione delle intercettazioni e un ridimensionamento del perimetro
del traffico di influenze illecite, limitato a condotte particolarmente
gravi.
Ma vediamo nel dettaglio tecnico, e non politico, di cosa si tratta
realmente. L'abuso d'ufficio è un reato previsto dal diritto penale
italiano, regolato dall'articolo 323 del Codice Penale. Questo reato si
verifica quando un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico
servizio, nell'esercizio delle sue funzioni, viola intenzionalmente la
legge o regolamenti per ottenere un vantaggio patrimoniale ingiusto per
sé o per altri, oppure per arrecare un danno ingiusto ad altri.
Consiste in un'azione o in una omissione che viola specifiche norme di
legge o regolamenti. Deve esserci dolo, cioè la consapevolezza e la
volontà di violare la legge per ottenere un vantaggio ingiusto o
arrecare un danno. Deve derivare un vantaggio patrimoniale ingiusto per
sé o per altri, o un danno ingiusto per altri.
Cancellato il reato di abuso d'ufficio dal Codice Penale si
verificherebbe, di fatto, l’impunità per certi comportamenti che
potrebbe significare che alcune condotte illecite non sarebbero più
perseguibili penalmente, potenzialmente aumentando i casi di corruzione
o mala gestione. La maggioranza di Governo però la vede invece come una
misura per ridurre la burocrazia convinta che la norma attuale è
troppo vaga e inibisce l'operato dei funzionari pubblici, che
potrebbero evitare di prendere decisioni per paura di incorrere in
responsabilità penali
I detrattori sostengono invece che l'abolizione indebolirebbe la lotta
contro la corruzione e il malaffare, permettendo a funzionari disonesti
di agire senza timore di conseguenze legali. In sintesi, l'abuso
d'ufficio è un reato che sanziona l'uso illecito del potere da parte di
funzionari pubblici, e la sua abolizione comporterebbe significativi
cambiamenti nel panorama giuridico e amministrativo italiano, con
conseguenze sia positive che negative a seconda dei punti di vista. Gli
argomenti principe per mantenere l'abuso d'ufficio sono semplici ed
elementari, perché questa legge rappresenta di fatto la prevenzione
della Corruzione. L'abuso d'ufficio è uno strumento importante per
contrastare la corruzione e garantire l'integrità e l'imparzialità
della pubblica amministrazione. Il reato serve a proteggere
l'interesse pubblico da decisioni arbitrarie o dannose da parte di
funzionari pubblici. Mantenere il reato incoraggia i funzionari
pubblici a operare in modo trasparente e responsabile, sapendo che le
loro azioni sono soggette a controllo legale.
Le principali motivazioni dei sostenitori del nuovo DDL son invece
tutte centrate sul fatto che l'attuale norma possa inibire l'azione
amministrativa, poiché i funzionari potrebbero essere riluttanti a
prendere decisioni per timore di incorrere in responsabilità penali e
che denunce per abuso d'ufficio sono spesso strumentali o infondate, e
utilizzate come mezzo di pressione politica o personale.
Potrebbe essere più efficace riformare l'abuso d'ufficio piuttosto che
abolirlo. Questo potrebbe comportare una definizione più chiara e
circoscritta del reato, specificando meglio le condotte penalmente
rilevanti e riducendo i margini di interpretazione soggettiva. È
importante trovare un equilibrio tra la necessità di prevenire e punire
comportamenti illeciti e l'esigenza di permettere ai funzionari
pubblici di operare serenamente e con decisione. In sintesi, mantenere
l'abuso d'ufficio con una riforma che ne limiti l'applicabilità e ne
chiarisca i confini, potrebbe essere la soluzione più equilibrata.
Questo approccio permetterebbe di conservare uno strumento di contrasto
alla corruzione, garantendo al contempo maggiore certezza del diritto e
operatività ai funzionari pubblici.

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𝐋𝐀 "𝐌𝐀𝐋𝐄𝐃𝐄𝐓𝐓𝐀" 𝐋𝐄𝐍𝐓𝐄 𝐃'𝐈𝐍𝐆𝐑𝐀𝐍𝐃𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐋𝐄𝐎𝐏𝐀𝐑𝐃𝐈𝐀𝐍𝐀
di Mirco Maggi
Quando al secondo anno di ginnasio superiore il Professore di
Filosofia pretendeva che comprendessimo la filosofia del pessimismo di
Leopardi, tutti quanti sbuffavamo; ci annoiava sia lui, che Leopardi e
il suo pessimismo, perchè a ragazzi di 15 anni tutto può entrare in
testa meno che il trittico pessimistico Leopardiano.
Con il passare degli anni ho dovuto poi ricredermi: aveva ragione il
Professore, e sorpattutto aveva ragione il recanatese che a soli 39
anni è morto. Leopardi perviene al pessimismo cosmico, ovvero alla
concezione in cui, contrariamente alla sua stessa posizione precedente,
afferma che "l'infelicità è connaturata alla stessa vita dell'uomo,
destinato quindi a soffrire per tutta la durata della sua esistenza".
Partendo da una posizione di estremo pessimismo personale, causato
anche dal suo cagionevole stato di salute e dalla sua particolare
sensibilità, approda successivamente ad un pessimismo storico
riguardante il continuo decadimento della società, e infine a un
pessimismo cosmico, consapevole dell'infinita vanità del tutto ciò che
ci circonda, e che comprende l'intera umanità e l'intero universo.
In pratica Leopardi sdoganò il concetto del Nichilismo come disvalore
assoluto della Società, concetto che Nietzsche svilupperà dopo la morte
di Leopardi permeandone il contenuto in tutta la sua filosofia.
Nietzsche afferma addirittura, poco prima di morire a soli 55 anni, che
nel terzo millennio, cioè il periodo in cui noi tutti stiamo vivendo,
l'avvento del nichilismo sarà così devastante da trasformarci proprio
in quello che oggi siamo diventati: falsi, anaffettivi, stolti,
opportunisti, superficiali, egoisti e confusi, corrotti, collusi,
storditi, e vittime di un modo di vivere che noi stessi abbiamo
generato, consentito e condiviso per prestigio, ricavo, convenienza o
vigliaccheria.
Ma perchè questa sera voglio scrivere di Leopardi, esponente del
Romanticismo letterario dell'800 e precursore dell'Esistenzialismo?
Non certo per disquisire con i lettori su Lo Zibaldone o le Operette
morali; nè per citare il canto di Amore e Morte o rispolverare le rime
de L'infinito. No: assolutamente.
E' solo perchè questa sera ho guardato meglio attraverso la lente di
ingrandimento di Leopardi, quella che lui paragona alla solitudine, in
sole due righe vergate a mano in chissà quale momento oscuro e cupo
della sua esistenza. Quelle due righe che a 15 anni non avevo capito,
che non potevo capire; ma che rileggendole questa sera mi hanno fatto
ricordare quel Professore, l'odore di quei libri; lo scricchiolìo dei
banchi consumati e sbilenchi con il porta inchiostro, e Giacomo
Leopardi che cercava di avvertirmi, di mettermi in guardia. Ma non c'è
riuscito: ero troppo distratto per capirlo e troppo giovane per sapere
cosa fosse, nella sua più dolce e caritatevole, e allo stesso tempo
nella sua più cruda spietatezza, la solitudine.
"𝑳𝒂 𝒔𝒐𝒍𝒊𝒕𝒖𝒅𝒊𝒏𝒆 è 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒖𝒏𝒂 𝒍𝒆𝒏𝒕𝒆
𝒅’𝒊𝒏𝒈𝒓𝒂𝒏𝒅𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐: 𝒔𝒆 𝒔𝒆𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒆 𝒔𝒕𝒂𝒊
𝒃𝒆𝒏𝒆, 𝒔𝒕𝒂𝒊 𝒃𝒆𝒏𝒊𝒔𝒔𝒊𝒎𝒐; 𝒔𝒆 𝒔𝒆𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒆 𝒔𝒕𝒂𝒊
𝒎𝒂𝒍𝒆, 𝒔𝒕𝒂𝒊 𝒎𝒂𝒍𝒊𝒔𝒔𝒊𝒎𝒐".
Parole sante signor Leopardi. E solo oggi ho capito che il suo non era
affatto pessimismo, ma lungimiranza e capacità di comprendere cose che
allora (e che ancora oggi) nessuno era in grado nemmeno di immaginare.

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GLI SPECIALI DE L’AUDACE
𝐀𝐔𝐓𝐎 𝐄𝐋𝐄𝐓𝐓𝐑𝐈𝐂𝐇𝐄: 𝐔𝐍 𝐂𝐎𝐍𝐅𝐑𝐎𝐍𝐓𝐎 𝐒𝐔 𝐈𝐍𝐐𝐔𝐈𝐍𝐀𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎,
𝐂𝐎𝐒𝐓𝐈, 𝐄 𝐋’𝐄𝐍𝐈𝐆𝐌𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐎 𝐒𝐌𝐀𝐋𝐓𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐁𝐀𝐓𝐓𝐄𝐑𝐈𝐄.
𝐄 𝐈𝐍𝐓𝐀𝐍𝐓𝐎 𝐄’ 𝐀𝐋𝐋𝐎 𝐒𝐓𝐔𝐃𝐈𝐎 𝐃𝐄𝐋 𝐆𝐎𝐕𝐄𝐑𝐍𝐎 𝐋𝐀 𝐌𝐈𝐒𝐔𝐑𝐀
𝐏𝐄𝐑 𝐑𝐄𝐂𝐔𝐏𝐄𝐑𝐀𝐑𝐄 𝐋𝐄 𝐀𝐂𝐂𝐈𝐒𝐄 𝐏𝐄𝐑𝐒𝐄 𝐒𝐔 𝐁𝐄𝐍𝐙𝐈𝐍𝐀 𝐄 𝐃𝐈𝐄𝐒𝐄𝐋.
L'orientamento verso l’utilizzo e l’acquisto di veicoli elettrici
promette una trasformazione nel mondo dell'automobile, ma è essenziale
valutare con attenzione le implicazioni ambientali e finanziarie di
questa transizione. E’ necessario fare un confronto tra auto elettriche
e auto a benzina, focalizzando gli effetti sull'inquinamento e dei
costi complessivi.
E’ proprio di oggi la notizia che Il governo sta valutando
l'introduzione di accise sulle auto elettriche per compensare la
perdita di entrate attualmente derivanti dalla tassazione sui
carburanti. L'introduzione di accise sui rifornimenti (ricariche) delle
auto elettriche, potrebbe influenzare significativamente le decisioni
di acquisto dei consumatori. ll governo sta pensando a un piano per
introdurre le accise sulle auto elettriche per non perdere quei fondi
che oggi lo Stato recupera da benzina e diesel e che andranno persi con
la progressiva elettrificazione dei veicoli. Nel 2022 il carico fiscale
sull’auto è stato pari a 71 miliardi di euro, di cui 31,9 derivanti dai
carburanti, e lo Stato guadagna dai carburanti circa il 60% di ciò che
paghiamo alla pompa quando facciamo rifornimento attraverso imposte
dirette (Iva al 22%) e indirette (accise).
Akio Toyoda, il ceo di Toyota, ha sempre sostenuto che l'auto elettrica
costa troppo, si “consuma” presto, non è ancora performante e inquina
più di quelle a benzina e che lo smaltimento delle batterie è
praticamente impossibile. Ma nessuno ha mai voluto ascoltarlo e la Ue
aveva armai deciso: dal 2035 in Europa si viaggerà solo su auto
elettriche. Il resto del mondo ci ha messo un po’ a capire che l’auto
elettrica non è ancora pronta a sostituire quella tradizionale, e
infatti molti colossi dell’industria automobilistica mondiale, tra cui
anche Hertz e Ford, stanno facendo “retromarcia” e hanno bloccato
numerose migliaia di commesse di auto a batteria. Tesla stessa ha già
rimpiazzato alcuni veicoli di punta del suo catalogo tornando a fornire
auto a benzina o diesel.
Uno dei principali aspetti critici da considerare per le auto
elettriche è il destino delle batterie al termine della loro vita
utile. Attualmente, lo smaltimento delle batterie delle auto elettriche
rappresenta un enigma non risolto, e potrebbe portare a conseguenze
ambientali significative. La necessità di discariche specializzate per
le batterie esauste solleva preoccupazioni riguardo alla potenziale
contaminazione del suolo e delle risorse idriche. Finché non saranno
sviluppate soluzioni efficaci per il riciclaggio o il reimpiego delle
batterie esauste, è probabile che lo smaltimento rappresenti un
ulteriore ostacolo ambientale da superare. Pertanto, il futuro dello
smaltimento delle batterie rimane incerto e potrebbe contribuire ad
aumentare l'impatto ambientale complessivo delle auto elettriche.
Inoltre, i costi associati al rinnovo delle batterie delle auto
elettriche sono un elemento importante da considerare. Oltre al prezzo
di acquisto, comunque più elevato rispetto alle auto a benzina, i
proprietari potrebbero dover affrontare costi esorbitanti aggiuntivi
(ancora imprecisi, ma che in alcuni casi potrebbero addirittura essere
pari al costo dell’acquisto della vettura) legati alla sostituzione
delle batterie alla fine della loro vita utile. Nonostante gli sforzi
per ridurre i costi delle tecnologie delle batterie, rimane
un'incertezza riguardo al costo complessivo a lungo termine delle auto
elettriche rispetto a quelle a benzina.
Anche dal punto di vista tecnologico ci sono ancora numerosi
interrogativi: quando la temperatura esterna non influirà più
drasticamente sul funzionamento e sulla durata della vettura? Quando le
ricariche saranno più veloci (più o meno come fare un pieno di benzina)
e soprattutto quando, con quel pieno, si potrà percorrere gli stessi
chilometri che si percorrono con auto a benzina e Diesel? Queste e
tante altre domande evidenziano che ci vogliono ancora anni e anni di
studio perché le auto elettriche migliorino in termini di autonomia e
di prestazioni, ed è necessario sviluppare politiche e tecnologie che
rendano questa transizione verso la mobilità elettrica davvero
sostenibile ma a lungo termine.
E’ essenziale valutare attentamente gli impatti ambientali e i costi
associati a tutto il ciclo di vita del veicolo elettrico, compreso
appunto lo smaltimento delle batterie. La transizione verso la mobilità
elettrica rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio
olistico e collaborativo per garantire un futuro più sostenibile per il
settore automobilistico e per l'ambiente.
E’ inoltre indispensabile coinvolgere attivamente tutti gli attori del
settore, tra cui produttori di auto, governi, organizzazioni ambientali
e consumatori, per sviluppare soluzioni collaborative che affrontino le
sfide ambientali e finanziarie associate alla mobilità elettrica che
fin o ad oggi sono nebulose, poco chiare e soprattutto fallimentari.
Solo attraverso un approccio integrato e una volontà condivisa di
adottare nuove tecnologie sostenibili possiamo realizzare un futuro più
verde e resiliente nel settore automobilistico.
Insomma: a conti fatti e analizzando attentamente sia il mercato che la
tecnologia attuale, si evince, senza dubbio, che oggi ancora non siamo
pronti per l’auto elettrica; e non ci vuole molto a comprendere che si
è trattato solo di un miraggio dell'Unione Europea. Un miraggio che con
la realtà pratica non ha avuto proprio nulla a che vedere.

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"𝐋'𝐈𝐍𝐍𝐎 𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐆𝐈𝐎𝐈𝐀" 𝐃𝐈 𝐁𝐄𝐄𝐓𝐇𝐎𝐕𝐄𝐍 𝐂𝐎𝐌𝐏𝐈𝐄 𝟐𝟎𝟎 𝐀𝐍𝐍𝐈
Ha compiuto 200 anni l'Inno alla gioia, il cui testo è stato
scritto dal poeta e drammaturgo tedesco Friedrich Schiller. È
conosciuta in tutto il mondo per essere stata usata da Ludwig van
Beethoven come testo della parte corale del quarto e ultimo movimento
della sua Nona Sinfonia, selezionando alcuni brani e scrivendo di
proprio pugno un'introduzione.
La sinfonia n. 9, anche nota come Sinfonia corale, è l'ultima sinfonia
composta da Ludwig van Beethoven (Bonn, 16 dicembre 1770 - Vienna, 26
marzo 1827). Fu eseguita per la prima volta venerdì 7 maggio 1824 al
Theater am Kärntnertor di Vienna. Ai primi tre movimenti, puramente
sinfonici, ne segue un quarto che include il coro sui versi dell'Inno
Alla gioia di Friedrich Schiller.
È una delle opere più note ed eseguite di tutto il repertorio classico
ed è considerata uno dei più grandi capolavori della storia della
musica mondiale, un simbolo universale di unità e fratellanza ritenuto
da molti musicologi il capolavoro di Beethoven.
Il tema del finale, riadattato da Herbert von Karajan, è stato adottato
nel 1972 come Inno europeo. Nel 2001 spartito e testo sono stati
dichiarati dall'UNESCO Memoria del mondo attribuita alla Germania.
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𝗟𝗔 𝗖𝗢𝗡𝗧𝗜𝗡𝗨𝗔 𝗕𝗔𝗧𝗧𝗔𝗚𝗟𝗜𝗔 𝗗𝗘𝗟𝗟'𝗨𝗢𝗠𝗢 𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢 𝗜 𝗩𝗜𝗥𝗨𝗦:
𝗟𝗔 𝗥𝗜𝗖𝗘𝗥𝗖𝗔, 𝗟𝗔 𝗦𝗖𝗜𝗘𝗡𝗭𝗔 𝗘 𝗜 𝗩𝗔𝗖𝗖𝗜𝗡𝗜,
𝗛𝗔𝗡𝗡𝗢 𝗥𝗔𝗗𝗜𝗖𝗔𝗟𝗠𝗘𝗡𝗧𝗘
𝗖𝗔𝗠𝗕𝗜𝗔𝗧𝗢 𝗜𝗟 𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗦𝗧𝗢𝗥𝗜𝗔.
Le pandemie hanno segnato la storia dell'umanità, lasciando un'impronta
indelebile su ogni generazione. Dall'antica peste che decimò intere
popolazioni all'odierno Covid-19: ogni epidemia pandemica ha portato
con sé devastazione e tragedia. Tuttavia, in mezzo alle sfide e al
caos, c'è una costante che ha dimostrato di essere cruciale: la ricerca
scientifica e l'importanza dei vaccini.
La Peste, conosciuta anche come "Morte Nera", è stata una delle
pandemie più devastanti nella storia dell'umanità. Originatasi nel XIV
secolo, la Peste ha ucciso milioni di persone in Europa, decimando
intere comunità e cambiando per sempre il corso della storia. Secondo
alcuni studi la Peste potrebbe aver ridotto la popolazione europea da
45 milioni a 35-37,5 milioni nel corso di oltre 300 anni di pandemia.
La sua durata secolare e la sua recrudescenza periodica fino al XVIII
secolo la rendono un triste monito sulle conseguenze mortali delle
malattie infettive non controllate. L'umanità ha affrontato molte
pandemie nel corso dei secoli. Dalla Peste medievale, all'Influenza
Spagnola, dalla SARS, all'HIV; ogni epidemia ha avuto un impatto
devastante sulla società. Tuttavia, grazie alla scienza e alla ricerca
medica, molte di queste malattie sono state contenute e sconfitte in
breve termine.
L'Influenza Spagnola del 1918-1920 è stata una delle pandemie più
mortali della storia, causando la morte di quasi 50 milioni di persone.
Questa epidemia ha dimostrato quanto sia importante combattere
rapidamente e efficacemente la diffusione di un virus, e come la
disinformazione possa avere conseguenze devastanti.
Le pandemie successive, come l'Influenza Asiatica del 1957 e la
pandemia del 1968, hanno continuato a mettere in evidenza l'importanza
della preparazione e della risposta globale alle malattie infettive. La
collaborazione internazionale e la ricerca scientifica sono state
fondamentali nel contenere il diffondersi di queste epidemie.
L'HIV ha rappresentato una sfida unica per la comunità scientifica,
causando la morte di milioni di persone in tutto il mondo. Tuttavia, la
ricerca medica ha fatto progressi significativi nel trattamento e nella
gestione dell'infezione, dimostrando il potere della scienza nel
salvare vite umane.
L'Ebola, la SARS e l'influenza suina sono solo alcune delle minacce che
l'umanità ha dovuto affrontare recentemente. Queste epidemie hanno
evidenziato la necessità di investire nella ricerca scientifica e nello
sviluppo di nuovi vaccini per proteggere la salute pubblica.
I vaccini, nonostante tutti i giusti timori e le purtroppo numerose
reazioni allergiche, rappresentano uno dei più grandi successi della
medicina moderna. Grazie ai vaccini, molte malattie infettive sono
state praticamente eliminate o drasticamente ridotte in tutto il mondo.
Tuttavia, la diffusione di teorie anti-vaccino, l'ignoranza e la
disinformazione, hanno minacciato i progressi ottenuti, mettendo a
rischio la salute pubblica. Nonostante l'efficacia scientificamente
provata dei vaccini nel prevenire le malattie, esiste una parte della
popolazione che nutre dubbi o addirittura rifiuta l'immunizzazione.
Questi individui, noti oggi come "novax", spesso basano le loro
convinzioni su dicerie, teorie non scientifiche, o sulla paura dei
presunti, e numerosissimi per loro, effetti collaterali dei vaccini. E'
importante comprendere che la scienza ha dimostrato ripetutamente
l'efficacia e la sicurezza dei vaccini nel prevenire le malattie
infettive e proteggere la salute pubblica.
La storia delle pandemie è una testimonianza della resilienza umana e
del potere della scienza nel fronteggiare le sfide più grandi.
Attraverso la ricerca continua e l'innovazione, possiamo affrontare le
pandemie future con più fiducia e determinazione. I vaccini rimangono
uno strumento essenziale nella nostra lotta contro le malattie
infettive, e investire nella scienza è fondamentale per proteggere la
salute e il benessere di tutte le persone.

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"𝐕𝐈𝐍𝐈𝐓𝐀𝐋𝐘 𝟐𝟎𝟐𝟒": 𝐀𝐔𝐌𝐄𝐍𝐓𝐀𝐍𝐎 𝐄𝐒𝐏𝐎𝐒𝐈𝐓𝐎𝐑𝐈 𝐄 𝐕𝐈𝐒𝐈𝐓𝐀𝐓𝐎𝐑𝐈.
𝐈𝐋 𝐅𝐎𝐂𝐔𝐒 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐊𝐄𝐑𝐌𝐄𝐒𝐒𝐄: "𝐋𝐄𝐆𝐆𝐄𝐑𝐄𝐙𝐙𝐀" 𝐄 𝐕𝐈𝐍𝐈 𝐁𝐈𝐀𝐍𝐂𝐇𝐈.
di Salvatore Giuliano
Con oltre 4mila cantine da tutta Italia e da 30 nazioni, Vinitaly
si conferma l’unico brand fieristico rappresentativo della varietà del
made in Italy enologico nel mondo. Un risultato confermato anche dalle
attese di questa 56^ edizione pronta a replicare il successo dell’anno
scorso con oltre 30mila operatori esteri della domanda da 140 Paesi
presenti in quartiere: un terzo del totale.
Per il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo: “Vinitaly non è
solo un alleato fondamentale delle aziende del settore ma contribuisce
al posizionamento del vino italiano nelle principali aree strategiche.
Quest’anno sono 1200 i top buyer da 65 nazioni pronti a conoscere e ad
avviare trattative con le imprese espositrici. Un risultato in aumento
del 20% rispetto al 2023, ottenuto grazie una potente campagna di
incoming, realizzata anche con il sostegno di Ice, che per la prima
volta ha coinvolto tutti i player istituzionali della promozione. Una
diplomazia del business per far crescere il settore e le imprese”.
In un contesto generale caratterizzato da una crescente made in Italy
questa edizione del Vinitaly ha espresso il meglio della cultura e del
prodotto enologico da tutte le regioni italiane e da oltre 30 nazioni.
Provengono invece da 65 Paesi i protagonisti, a cui si aggiungeranno
secondo le stime circa 30mila operatori e 95.000 visitatori di cui il
40% stranieri.
Nonostante la predominanza di addetti ai lavori, i giovani operatori e
appassionati di vino hanno dimostrato un interesse vivo e costante per
la fiera. Da qualche anno assistiamo allo sviluppo dell’Enoturismo che
si contraddistingue per il desiderio di chi lo pratica, di chi vuol
conoscere vigneti, cantine e vignaioli, degustando in loco i vini
preferiti abbinati a piatti tipici.
La tendenza di questa edizione di Vinitaly si può riassumere in due
semplici parole: leggerezza e vini bianchi. Molti produttori quest’anno
si sono trovati concordi a presentare a Vinitaly vini con tassi
alcolici moderati e inferiori alle soglie di quelli attualmente in
commercio. Leggerezza quindi, e cioè poter degustare vini di prestigio
senza il timore di reazioni alcoliche e vivere momenti di aggregazione
e di svago in tutta serenità. Il grande successo di questa edizione è
stato il vino bianco, con o senza bollicine, presente in ogni stand e
star indiscussa di questa edizione 2024.

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"𝐏𝐎𝐕𝐄𝐑𝐀 𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀": 𝐋'𝐈𝐍𝐓𝐄𝐍𝐒𝐈𝐓𝐀' 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐏𝐎𝐕𝐄𝐑𝐓𝐀'
𝐀𝐒𝐒𝐎𝐋𝐔𝐓𝐀 𝐄' 𝐀𝐋 𝟐𝟎%, 𝐄 𝐋𝐄 𝐅𝐀𝐌𝐈𝐆𝐋𝐈𝐄 𝐈𝐍𝐃𝐈𝐆𝐄𝐍𝐓𝐈
𝐒𝐎𝐍𝐎 𝟔 𝐌𝐈𝐋𝐈𝐎𝐍𝐈, 𝐈𝐋 𝟏𝟎% 𝐃𝐄𝐋 𝐏𝐎𝐏𝐎𝐋𝐎 𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀𝐍𝐎.
𝐈𝐋 𝐓𝐎𝐓𝐀𝐋𝐄 𝐅𝐀𝐋𝐋𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐏𝐎𝐋𝐈𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐒𝐎𝐂𝐈𝐀𝐋𝐄
𝐃𝐄𝐋 𝐆𝐎𝐕𝐄𝐑𝐍𝐎 𝐌𝐄𝐋𝐎𝐍𝐈: 𝐔𝐍 𝐃𝐈𝐒𝐀𝐒𝐓𝐑𝐎 𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐀𝐏𝐏𝐄𝐋𝐋𝐎.
𝐑𝐄𝐏𝐎𝐑𝐓 𝐈𝐒𝐓𝐀𝐓: 𝐒𝐂𝐄𝐍𝐀𝐑𝐈𝐎 𝐀𝐋𝐋𝐀𝐑𝐌𝐀𝐍𝐓𝐄 𝐄 𝐃𝐄𝐒𝐎𝐋𝐀𝐍𝐓𝐄.
Le stime dell'Istat per l'anno 2023 pubblicate oggi gettano una luce spettrale sulla situazione socio-economica
delle famiglie italiane, contrassegnata dall'ascesa della povertà
assoluta, in particolare nel contesto del Nord Italia, con un aumento
del 20%.
Nel Mezzogiorno il tasso è al 17,9%, e la miseria si propaga come un cancro in tutto il Paese, senza distinzioni né pietà.
Il governo Meloni, che ha inaugurato la sua "politica sociale" con l'abrogazione del Reddito di Cittadinanza, ha fallito.
Il RDC non andava abrogato ma semplicemente migliorato, a partire dalle verifiche perchè senza controlli severi
e reali qualsiasi malintenzionato ha avuto vita facile nel truffare lo Stato. Abrogarlo è stato un colpo basso proprio
per le famiglie oneste e vulnerabili, un colpo di grazia per chi già
faticava a sbarcare il lunario. Ma addirittura il Governo Meloni
ha promesso miglioramenti, un futuro roseo, ma cosa abbiamo ottenuto? Nulla.
Anzi, peggio: la povertà è cresciuta, come un'ombra oscura che avvolge le vite del 20% degli italiani.
Ma la notizia ancora peggiore, se quanto sopra non bastasse ancora per
rabbrividire, è quella che a farne le spese più di tutti sono proprio
i nostri figli, i giovani italiani non ancora maggiorenni: ben il 14% di loro versa in una condizione di povertà assoluta.
E dove sono finiti quei milioni di euro "risparmiati" dall'eliminazione del Reddito di Cittadinanza? In armi?
In operazioni militari all'estero? Mentre gli italiani soffrono, mentre gli italiani muoiono di fame, il governo sembra
più interessato a fare bella figura sul palcoscenico internazionale piuttosto che garantire il benessere delle proprie comunità.
Ma non è tutto: dal report Istat emerge che la spesa media mensile di tutte le famiglie residenti in Italia
è cresciuta del 3,9% nel 2023, un aumento che rispecchia l'aumento
esponenziale dei prezzi, in salita del 5,9% in tutto il Paese.
Una morsa che stringe sempre più forte le famiglie già in difficoltà,
una spirale che trascina verso il basso chiunque si trovi sulla sua
traiettoria.
E mentre il governo si pavoneggia con i suoi proclami di grandezza, le cifre non mentono: l'8,5% delle famiglie italiane
si trova in povertà assoluta, circa 5,7 milioni di individui, quasi il
10% della popolazione, e "l'intensità" della povertà assoluta è del
20%!
Persone che lottano ogni giorno per mettere un pasto sulla tavola, per garantire un tetto sopra la testa dei propri figli,
mentre i politici si crogiolano nel lusso dei loro uffici, lontani dalle realtà che essi stessi hanno contribuito a creare.
Il governo Meloni ha fallito, e lo ha fatto clamorosamente. Ha tradito
le tante promesse fatte al popolo italiano, ha abbandonato
coloro che più avevano bisogno del suo sostegno. E mentre le statistiche dipingono un quadro desolante, non possiamo
voltare lo sguardo altrove, non possiamo ignorare il dolore e la
sofferenza che questa amministrazione fallimentare ha inflitto al
nostro Paese.

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𝐌𝐈𝐋𝐀𝐍𝐎: 𝐋𝐀 𝐓𝐄𝐑𝐙𝐀 𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀' 𝐀𝐋 𝐌𝐎𝐍𝐃𝐎 𝐏𝐈𝐔' 𝐈𝐍𝐐𝐔𝐈𝐍𝐀𝐓𝐀.
𝐋'𝐈𝐍𝐄𝐓𝐓𝐈𝐓𝐔𝐃𝐈𝐍𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐋𝐀 𝐌𝐄𝐓𝐓𝐄 𝐀 𝐑𝐈𝐒𝐂𝐇𝐈𝐎 𝐋𝐀 𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀'.
Il sindaco di Milano, Sala, si dimostra ancora una volta
inadeguato di fronte alla grave minaccia dello smog che avvolge la
città.
Mentre il livello di inquinamento raggiunge ormai livelli allarmanti, si evidenzia ulteriormente che le sue azioni per
cercare di prevenire il problema sono state insufficienti, dimostrando un atteggiamento intollerabile di non comprensione
del pericolo imminente e per non avere attuato, preventivamente, una politica antinquinamento in grado di prevenire
il fenomeno acuto di questi giorni dove l'unico risultato è
correre a chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati,
mettendo in atto blocchi inutili e controproducenti e del tutto iniqui.
Le misure restrittive che entreranno in vigore da domani, 20 febbraio,
in Milano e altre 8 province lombarde, sono il risultato di una
situazione critica che richiede interventi preventivi, tempestivi e
decisi. Il Sindaco Sala sembra proprio non comprendere
l'urgenza di agire con determinazione. Le norme di primo livello, che
coinvolgono Milano, Monza, Como, Bergamo, Brescia, Mantova,
Cremona, Lodi e Pavia, impongono divieti di combustioni e di accensione
di fuochi all'aperto in tutti i comuni interessati. Inoltre,
limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti saranno in
vigore dalle 7.30 alle 19.30, coinvolgendo veicoli Euro 0 e 1 di
qualsiasi alimentazione
e quelli Euro 2, 3 e 4 a gasolio nei comuni con più di 30.000 abitanti.
Ma le carenze non finiscono qui. Le limitazioni temporanee includono anche i veicoli con il dispositivo Move-In,
senza che le telecamere di Area B siano in grado di distinguere le misure permanenti da quelle temporanee. Un errore che
rende inefficace l'applicazione delle regole e mette a repentaglio la salute pubblica.
E non è tutto. Le restrizioni coinvolgono anche il riscaldamento domestico, con il divieto di mantenere temperature superiori
a 19°C nelle abitazioni e nei negozi, e l'utilizzo di stufe a
legna per il riscaldamento, se non accompagnate da un impianto
alternativo.
Nel settore agricolo, viene vietata la diffusione di liquami di allevamento, salvo iniezione e interramento immediato.
È evidente che le azioni del sindaco Sala sono inutili, insufficienti e
dannose pe ri cittadini di fronte alla gravità della situazione.
La sua mancanza di comprensione e di azione preventiva mette a repentaglio la salute e il benessere dei cittadini milanesi.
È ora di assumere responsabilità e agire con decisione per contrastare questa emergenza ambientale nella metropoli milanese.

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𝟕𝟒.𝐚 𝐄𝐃𝐈𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐑𝐄𝐌𝐎 𝟐𝟎𝟐𝟒:
𝐕𝐈𝐍𝐂𝐄 𝐌𝐀𝐍𝐆𝐎, 𝐋𝐀 𝐑𝐎𝐍𝐃𝐈𝐍𝐄 𝐄' 𝐓𝐎𝐑𝐍𝐀𝐓𝐀 𝐀 𝐕𝐎𝐋𝐀𝐑𝐄.
di Mirco Maggi
La vittoria di Geolier alla 74.a edizione del Festival di Sanremo era ormai data per scontata, ma è successo qualcosa
che ha stravolto ogni previsione: ha vinto, meritatamente, Angelina Mango, ed è stata anche la vittoria della musica;
non la vittoria delle case editrici musicali, degli inciuci, degli intrallazzi.
La serata era iniziata con un'altra ondata di polemiche e di dissenso da parte del pubblico presente al Teatro Ariston
mentre il rapper partenopeo veniva proclamato vincitore delle quattro serate precedenti, e le vibrate proteste hanno
evidenziato un'atmosfera di tensione palpabile. La platea dell'Ariston,
delusa e indignata, ha manifestato netta contrarietà a quel verdetto,
sottolineando la mancanza di consenso per l'incomprensibile preferenza a Geolier rispetto ad altri artisti.
Ma la vincitrice in pectore era già, comunque per tutti, Angelina
Mango, che alla fine si è aggiudicata meritatamente il trofeo.
Nell'esecuzione del suo brano, emozionata, ha inciampato ed è caduta
sul palco, ma nonostante questo non solo ha vinto il Festival,
ma si è aggiudicata anche due premi importanti: il premio Lucio Dalla e il premio Bigazzi. Quindi ha vinto tre volte,
e non solo il titolo di Regina della manifestazione canora per eccellenza. Secondo posto per il rapper Geolier,
terzo posto per Annalisa, quarto posto per Ghali, e quinto posto per Irama.
Gli artisti sono stati sottoposti principalmente al giudizio del
pubblico a casa tramite il televoto. Ma in serata, l'afflusso abnorme
di sms,
ha creato problemi e difficoltà: da Napoli schiere agguerrite di
"fans", hanno inviato migliaia e migliaia di sms per il loro beniamino,
mandando in tilt i server del televoto, ma anche questo espediente non è bastato a far vincere Geolier.
Contrariamente a tante edizioni sanremesi l'esito di questa 74.a edizione ha visto tutti d'accordo, o quasi; perchè in fondo
la musica ha vinto. E lo ha fatto con giustezza. E da Sanremo, per quest'anno, è tutto: la Rondine è tornata a volare.

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CONDANNATO A 17 ANNI IL GIOIELLIERE RAPINATO.
SOLO IN ITALIA CHI SI DIFENDE E' UN CRIMINALE.
Mario Roggero,
gioielliere di 68 anni di Asti, è stato condannato a 17 anni di carcere
per aver ucciso due rapinatori e ferito un terzo.
E' una sentenza che dimostra che in Italia chi si difende è considerato un criminale.
Roggero è stato vittima di una rapina violenta. I rapinatori sono entrati nel suo negozio armati (che poi si trattasse
di un'arma vera o di un giocattolo non compete certo alla vittima in quel momento comprenderlo), lo hanno minacciato di morte.
Roggero ha reagito e ha sparato, uccidendo due dei tre rapinatori. La corte d'Assise di Asti ha dichiarato che Roggero
non ha agito per legittima difesa, ma per offendere. Questa sentenza ribalta il concetto morale della libertà e della dignità
dell'uomo perchè la legittima difesa è un diritto sacrosanto, che deve essere tutelato dalla legge, sempre, e soprattutto
in caso di minacce di morte e uso di armi. Chi si difende non deve andare in prigione, ma deve essere considerato un eroe.
La sentenza di Asti è un segnale di debolezza dello Stato, che non è in
grado di proteggere i propri cittadini. È un invito alla violenza,
perché incoraggia i criminali a commettere rapine, sapendo che difficilmente saranno puniti. L'Italia deve tornare
ad essere un paese sicuro, dove le persone possano sentirsi protette dalle aggressioni. È necessario cambiare
le leggi sulla legittima difesa, per garantire che chi si difende non sia punito.
Al termine della lettura della sentenza, Roggero ha commentato: "viva la delinquenza, viva la criminalità".
Questa dichiarazione è un'espressione di disperazione e di rabbia, ma è
anche una denuncia di una giustizia che non tutela le vittime.
Il vicepremier, Matteo Salvini, ha espresso solidarietà a Roggero, definendo la sentenza "un'ingiustizia".
Roggero ha difeso la propria vita e la propria proprietà. Non doveva essere punito per questo.
L'Italia deve cambiare le leggi sulla legittima difesa, per chiarire che chi si difende non è un criminale, perchè
lo è chi aggredisce, minaccia, rapina, usa violenza, e inq uel caso il torto deve sempre essere certo, e non arbitrario.

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𝐈𝐋 𝐆𝐄𝐍𝐄𝐑𝐀𝐋𝐄 𝐕𝐀𝐍𝐍𝐀𝐂𝐂𝐈: 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐏𝐎𝐋𝐄𝐌𝐈𝐂𝐀 𝐀𝐋 𝐕𝐄𝐑𝐓𝐈𝐂𝐄.
𝐈𝐋 𝐂𝐎𝐑𝐀𝐆𝐆𝐈𝐎 𝐃𝐈 𝐃𝐈𝐑𝐄 𝐒𝐄𝐌𝐏𝐑𝐄 𝐋𝐄 𝐂𝐎𝐒𝐄 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐒𝐓𝐀𝐍𝐍𝐎.
Il generale Roberto Vannacci, finito quest'estate alla ribalta
delle cronache per le sue dichiarazioni nel libro "Il mondo al
contrario",
è stato nominato capo di stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri.
L'incarico, che Vannacci ha commentato con grande soddisfazione, è uno dei più prestigiosi dell'Esercito italiano.
Si occupa della preparazione e dell'addestramento delle unità che devono partire per le missioni all'estero.
La nomina di Vannacci è una vittoria per tutti coloro che credono nel
valore della libertà di pensiero e di espressione. Il generale
ha dimostrato di essere un uomo coraggioso, che non ha paura di
dire le cose come stanno, anche quando ciò può comportare delle
conseguenze negative.
Le polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione del suo libro non hanno scalfito la sua determinazione. Vannacci
ha sempre sostenuto di non aver violato alcuna norma né legale né
disciplinare, e ha continuato a lavorare con impegno e passione.
Il generale Vannacci è un uomo di grande esperienza e competenza. Ha una lunga carriera nell'Esercito italiano,
durante la quale ha ricoperto incarichi di crescente responsabilità. È
stato comandante di unità speciali, di divisioni e di comandi di
vertice.
Il libro di Vannacci, "Il mondo al contrario", è un'analisi critica della società italiana. Il generale sostiene che il nostro
Paese è in una fase di declino, e che è necessario un cambiamento radicale per invertire la tendenza.
La nomina a capo di stato maggiore è la conferma che la sua professionalità e la sua visione sono, di fatto,
state apprezzate anche dall'Esercito. Vannacci può essere un esempio per tutti coloro che credono che, anche in
un mondo complesso e spesso ostile, è importante avere il coraggio di
dire la propria opinione anche se contraria a quella di molti.

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GLI SPECIALI DE L'AUDACE
𝐂𝐎𝐕𝐈𝐃: 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐈𝐍𝐔𝐀 𝐋'𝐀𝐔𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐃𝐄𝐈 𝐍𝐔𝐎𝐕𝐈 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐀𝐆𝐈.
𝐌𝐀 𝐈𝐍 𝐂𝐎𝐍𝐅𝐑𝐎𝐍𝐓𝐎 𝐀𝐋𝐋'𝐀𝐍𝐍𝐎 𝐒𝐂𝐎𝐑𝐒𝐎, 𝐋𝐀 𝐒𝐈𝐓𝐔𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄
𝐄' 𝐌𝐈𝐆𝐋𝐈𝐎𝐑𝐀𝐓𝐀 𝐎 𝐒𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐍𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐒𝐓𝐄𝐒𝐒𝐄 𝐂𝐎𝐍𝐃𝐈𝐙𝐈𝐎𝐍𝐈?
di Romilda Tancredi (*)
Il bollettino numero 57, relativo ai dati dei nuovi contagi da Covid per la Settimana dal 23 al 29 novembre 2023
pubblicato ieri, mostra un ulteriore aumento dei casi rispetto al bollettino precedente. Non si tratta di un aumento
eccessivamente allarmante ma siamo comunque di fronte ad una evidente e continua ascesa delle infezioni da Covid.
Mi è stato chiesto di fare un confronto con i dati dell'anno scorso in
relazione allo stesso perdiodo del bollettino 57,
ma sono dati difficili da comparare correttamente, perchè necessita la contestualizzazione,
assente allo stato attuale,
di alcuni dettagli dei dati di riferimento,
ed e quindi impossibile fare una analisi precisa e concreta.
E' evidente, ed innegabile che oggi siamo di fronte ad una risalita dei nuovi casi di
infezione da Covid, ma dobbiamo fare i conti con una realtà nuova,
composta da due fattori determinanti. Il primo è che le notizie fornite dal Ministero della Sanità quest'anno sono poche
e spesso contraddittorie, e quindi mancano elementi per completare il quadro
di nozioni oggettive per interpretare al meglio la risalita delle
infezioni.
Il secondo fattore è che la valutazione, relativamente allo stesso
periodo dello scorso anno, deve tenere conto di un concorso
determinante:
la differenza notevole del numero dei tamponi effettuati nel 2022 nei
confronti di quelli effettuati oggi. Nel periodo interessato del 2022
venivano eseguiti test molecolari 6/7 volte superiori a quelli che
vengono oggi certificati sul portale da Farmacie e dai Medici di
base.
E' quindi impreciso parametrare correttamente i dati di questa settimana con quella dell'anno scorso.
Il bollettino diramato ieri evidenzia, rispetto al 2022, un numero
inferiore di nuovi contagi, ma evidenzia anche il minor numero
di test diagnostici certificati, e questo non permette una analisi
corretta. L'unico dato certo è invece quello del calo dei decessi,
che l'anno scorso erano, rispetto ad oggi, più del doppio. Questo può voler dire molte cose, ma la prima evidenza è
quella relativa all'ipotesi di una minore aggressività delle varianti
attualmenti in circolazione rispetto a quelle dell'anno scorso.
Si potrebbe addirittura azzardare, ma solo in linea meramente teorica e senza alcun rilievo scientifico, una ipotesi:
i dati dei contagi del bollettino n. 57 di oggi , che evidenziano
277.000 tamponi, rapportati con i dati dell'anno scorso, analizzati
in
base a 1.300 mila tamponi effettuati, potrebbero, e sottolineo:
"potrebbero", essere più o meno identici e non, come appare, minori.
In pratica, sempre in linea teorica, ci troveremmo di fronte ad una situazione più o meno simile a quella del 2022
per numero di nuovi contagi reali, ma con meno rischi per chi contrae l'infezione grazie al dimezzamento dei decessi.
(*) dr. prof. Docente di immunologia DIMED


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𝐒𝐎𝐍𝐃𝐀𝐆𝐆𝐈𝐎 "𝐂𝐄𝐍𝐒𝐈𝐒 𝟐𝟎𝟐𝟑": 𝐆𝐋𝐈 𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀𝐍𝐈 𝐒𝐎𝐍𝐎 𝐃𝐈𝐕𝐄𝐍𝐓𝐀𝐓𝐈
𝐔𝐍 𝐏𝐎𝐏𝐎𝐋𝐎 𝐃𝐈 "𝐒𝐎𝐍𝐍𝐀𝐌𝐁𝐔𝐋𝐈", 𝐂𝐎𝐍𝐅𝐔𝐒𝐈 𝐄 𝐀𝐍𝐄𝐒𝐓𝐄𝐓𝐈𝐙𝐙𝐀𝐓𝐈.
l'editoriale di Mirco Maggi
Sono ormai anni che L'Audace, con articoli, editoriali, speciali e approfondimenti, mostra le continue crepe
di un paese ormai marcio nella fondamenta, ma a nulla serve anticipare le cose, lanciare allarmi, cercare di far
risvegliare i sentimenti e le intelligenze di un popolo come il nostro,
che il mondo intero da millenni invidia e cerca di emulare.
Un paese dove quasi il 50% degli aventi diritto non va a votare: solo questo dovrebbe indignarci e farci capire ogni cosa,
perchè chi ci governa lo fa con il plauso di mezza Italia, non dell'intera Nazione. Un paese ormai feudo dei palazzinari
(abusivi e non) dove basta una pioggia più forte del solito a
distruggere interi paesi e a far morire centinaia e centinaia di
persone,
Un paese vergognoso dove i giovani, i nostri figli, non trovano lavoro dopo l'università, se non occupazioni con
contratti inesistenti e capestro, sottopagati e non idonei alla loro preparazione; giovani che sono costretti ad emigrare
per trovare uno straccio di speranza lontano da noi. Lo sapete che il numero dei nostri migranti è superiore a quello
dei migranti che ci raggiungono? Lo sapete che sono quasi 6 milioni gli italiani scappati dall'Italia? Siamo un paese
dove a 67 anni ancora non si va in pensione, perchè si deve riuscire a morire prima; dove almeno 20 milioni di italiani
rasentano la povertà e circa 12 milioni l'indigenza. Un paese di disoccupati cronici, di lavoro nero, di bambini
che non nascono più e di coppie che non possono sposarsi. Ma soprattutto un paese che permette, senza fare nulla
di concreto per evitarlo, se non parole e inutili manifestazioni, che in un anno vengano uccise centinaia di donne.
Ma dove siete finiti italiani? Se gli articoli de L'audace non sono abbastanza per voi, oggi ci ha pensato il Censis,
l'autorevole Centro Studi Investimenti Sociali, istituto di ricerca
socio-economica fondato nel 1964, a dirci come stanno veramente le cose.
Il report annuale del Censis presenta una fotografia disastrosa di quello che siamo diventati: una dettagliata evidenza
degli stati d'animo degli italiani e la situazione generale del nostro
popolo è più che deludente, perchè è una ctastrofe totale,
ed è definita come: "ipertrofia emotiva", cioè una sorta di sonnambulismo collettivo, dove si evidenzia un'imperturbabilità
di fronte alle molteplici preoccupazioni emerse. Ma non solo: questi dati stabiliscono, concretamente, la fine di una
generazione storica e mostrano la netta diversità dagli italiani del
passato che hanno invece scritto la storia del mondo, dell'arte e della
scienza.
Oggi non siamo più niente di ciò che eravamo; siamo diventati un branco
di incerti, confusi, insicuri, spaventati, rammolliti, zombi che tirano
a campare.
Questi i dati del rapporto Censis 2023:
- l'84% degli italiani vive con paura a causa dei cambiamenti climatici.
- il 73,4% esprime preoccupazione per il futuro del Paese a causa dei suoi problemi strutturali.
- il 73% ritiene che l'Italia affronterà un aumento degli arrivi di migranti a causa dei sconvolgimenti globali.
- il 53% teme il collasso finanziario dello Stato.
- il 60% ha paura di un possibile conflitto globale.
- il 50% ritiene che il Paese non sia sufficientemente difeso contro il terrorismo.
Queste percentuali delineano un quadro di ansie diffuse e la quasi
totalità della popolazione sembra rimanere del tutto anestetizzata,
"sonnambula", incapace di reagire in modo significativo agli eventi.
Il Censis rivela anche dati demografici allarmanti, con una prospettiva
per il 2040 in cui solo il 25,8% delle coppie avrà figli. Nel 2050,
l'Italia si troverà a perdere complessivamente 4,5 milioni di
residenti, con un aumento significativo della popolazione anziana.
Ciò comporterà una stima di quasi 8 milioni di persone in meno in età
attiva, con impatti preoccupanti sull'economia e sul sistema produttivo.
Nonostante l'aumento dichiarato dal Governo del del 2,4% dell'occupazione (dato che non trova corrispondenza nel quotidiano
e nella realtà reale lavorativa del paese) l'Italia rimane comunque l'ultima, il fanalino di coda nell'Unione europea per
il tasso di disoccupazione che è altissimo. Basti pensare che su 100 under 30, il 69% risulta essere senza lavoro, incapace
di trovare un impiego contrattualizzato o in linea con la preprazione universitaria acquisita.
Il sondaggio evidenzia anche una netta divergenza tra le posizioni della popolazione e l'agenda politica. Il 74% degli italiani
è favorevole all'eutanasia, il 70,3% sostiene l'adozione da parte dei
single e il 54,3% la sostiene anche per le coppie omosessuali.
Questi risultati suggeriscono una crescente disaffezione dei cittadini verso la politica, poiché molte
di queste tematiche rimangono ignorate o affondate dal Parlamento.
Il Censis sottolinea che gli italiani residenti all'estero superano il
numero degli stranieri in Italia, con quasi 6 milioni di connazionali
all'estero, rappresentanti oltre il 10% della popolazione totale. Un
aumento del 36,7% negli ultimi dieci anni testimonia un'ulteriore
emigrazione,
principalmente concentrata nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni.
In conclusione, il sondaggio del Censis fotografa l'attuale società italiana, con una istantenea da brivido, che mostra
una decadenza totale in ogni settorte e in ogni realtà; un fallimento
mai visto prima: sociale, politico, culturale e comportamentale.

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GLI SPECIALI DE L'AUDACE
𝐀𝐋𝐋𝐀𝐑𝐌𝐄 𝐒𝐀𝐋𝐔𝐓𝐄: 𝐕𝐈𝐑𝐔𝐒 𝐄 𝐍𝐔𝐎𝐕𝐈 𝐁𝐀𝐓𝐓𝐄𝐑𝐈 𝐈𝐍 𝐀𝐑𝐑𝐈𝐕𝐎.
𝐋'𝐈𝐍𝐅𝐋𝐔𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐈 𝐃𝐈𝐅𝐅𝐎𝐍𝐃𝐄 𝐕𝐄𝐋𝐎𝐂𝐄𝐌𝐄𝐍𝐓𝐄 𝐄 𝐈 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐀𝐆𝐈
𝐃𝐀 𝐂𝐎𝐕𝐈𝐃 𝐒𝐎𝐍𝐎 𝐈𝐍 𝐏𝐑𝐄𝐎𝐂𝐂𝐔𝐏𝐀𝐍𝐓𝐄 𝐀𝐔𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎. 𝐓𝐈𝐌𝐎𝐑𝐄
𝐀𝐍𝐂𝐇𝐄 𝐏𝐄𝐑 𝐈𝐋 "𝐌𝐘𝐂𝐎𝐏𝐋𝐀𝐒𝐌𝐀 𝐏𝐍𝐄𝐔𝐌𝐎𝐍𝐈𝐀𝐄", 𝐈𝐋 𝐁𝐀𝐓𝐓𝐄𝐑𝐈𝐎
𝐃𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐏𝐎𝐋𝐌𝐎𝐍𝐈𝐓𝐄 𝐂𝐇𝐄 𝐂𝐎𝐋𝐏𝐈𝐒𝐂𝐄 𝐒𝐎𝐏𝐑𝐀𝐓𝐓𝐔𝐓𝐓𝐎 𝐈 𝐆𝐈𝐎𝐕𝐀𝐍𝐈.
Dopo la Cina, il boom delle polmoniti "sospette" interessa anche il Vietnam e soprattutto la Francia: nell’ultima settimana
è emerso un aumento delle infezioni del 44% nei bambini da zero a due anni e del 23% per quelli dai 2 ai 14 anni.
Non si tratta, almeno per il momento, di un allarme vero e proprio, ma l’aumento anomalo di casi di polmonite nei bambini
e nei ragazzi sotto i 15 anni, preoccupa tutto il mondo. La Francia,
una delle regioni per ora più colpite, dopo la Cina e il Vietnam,
nelle ultime settimane sta monitorando con attenzione la situazione.
L’aumento dei casi è dovuto al "Mycoplasma pneumoniae", un batterio che sembrerebbe essere il responsabile dei tanti casi di
polmoniti tra i giovanissimi pazienti che arrivano nei pronto
soccorso con forte affaticamento, febbre, tosse persistente e profonda:
una sintomatologia che nelle ultime settimane è stata tra le prime otto cause di ricorso alle cure d'urgenza. Più in generale,
per la pediatria, l'attività assistenziale per queste patologie risulta raddoppiata rispetto alle ultime due stagioni.
La commissione sanitaria nazionale cinese, su richiesta dell’OMS che ha chiesto chiarimento sull’aumento dei casi di polmonite,
ha riferito che i recenti gruppi di infezioni respiratorie sono dovuti a una sovrapposizione di patogeni già conosciuti,
e cioè di virus comuni come influenza, rinovirus, virus respiratorio
sinciziale o RSV, adenovirus, e da batteri come il Mycoplasma
pneumoniae,
un comune responsabile di infezioni del tratto respiratorio che
colpisce sopratutto i bambini. Si esclude quindi la presenza di un
nuovo virus.
La commissione ha poi invitato le autorità locali ad aprire più
ambulatori per la cura della febbre e a promuovere le vaccinazioni
tra i bambini e gli anziani. Secondo il Consiglio di Stato cinese,
l’influenza raggiungerà un picco tra l’inverno e la primavera,
mentre le infezioni da Mycoplasma pneumoniae rimarranno elevate in
alcune aree. Non esclude, inoltre, una ripresa dei contagi da Covid-19.
In Italia i casi di Covid-19 sono tornati a crescere. Nella terza
settimana di novembre l’aumento è stato del 31% rispetto alla seconda,
con un’incidenza di 76 casi ogni 100 mila abitanti (due settimane fa era di 58). Secondo i dati del ministero della Salute,
in totale sono stati registrati i 44.955 nuovi casi, con un tasso di
positività salito al 17,6%, rispetto al 15,3% della settimana
precedente.
Un incremento che corrisponde anche a una maggiore occupazione dei posti letto nelle strutture ospedaliere
(+7,7%), mentre i decessi sono stati 235 (in crescita dai 192 di sette giorni fa).
Il Ministerò della Sanità però non ritiene questi dati ancora così
preoccupanti tanto da modificare le disposizioni attualmente in vigore.
A tutt'oggi, in caso di positività, non esiste alcun obbligo di
isolamento, ma semplicemente una "raccomandazione" a rimanere in casa
e a non avere meno contatti con altre persone, fino a che i sintomi non sono svaniti. Lo stesso vale per la mascherina:
non sono segnalate situazione in cui è previsto lobbligo di indossarla. E' solo fortemente "consigliato" di indossarla quando
si è positivi e si entra in contatto con soggetti fragili.
I lavoratori contagiati dal Covid possono fare il certificato dal proprio medico di base e comunicare al datore di lavoro
i giorni di malattia, come nel caso dell’influenza. Il medico può decidere di effettuare per la prima volta, o nuovamente,
il tampone per verificare la positività al Covid. Stesse condizioni per
gli studenti: non sono obbligati all’isolamento e vige sempre,
e solo, la "raccomandazione" di restare a casa se contagiati, e se si manifestano febbre e altri sintomi gravi.
Non ci sono più regole nemmeno per quanto riguarda i trasporti e la
frequentazione di luoghi pubblici. Non esiste divieto nel caso
di positività al Covid, e in tutto si affida al buon senso dei
cittadini di rimanere a casa se si manifestano i sintomi della malattia,
o di utilizzare la mascherina secondo la propria coscienza. Il tampone può essere sempre effettuato in Farmacia
o dal medico di famiglia. il risultato positivo viene comunicato
dalla Asl e appare direttamente sul portale sanitario sui siti di
ciascuna regione.
I test acquistati in farmacia e svolti a casa non hanno validità ufficiale.
Più severe invece le regole all’interno degli ospedali e delle Rsa, gli unici posti dove la mascherina è ancora obbligatoria
nei reparti che ospitano anziani e persone fragili, sia per il personale medico-sanitario sia per amici e familiari che vanno
a trovare i pazienti durante gli orari di visita. Ogni ospedale
può stabilire le proprie disposizioni a seconda delle esigenze dei
pazienti
o delle condizioni dei reparti. Il ministero della Salute, inoltre, ha specificato che per chi deve essere ricoverato
o chi entra in pronto soccorso il tampone è obbligatorio sono se il paziente mostra sintomi influenzali.
I dati in rialzo dei nuovi contagi di Covid-19 sono in netto contrasto
con quelli delle vaccinazioni. L’età media dei pazienti ricoverati in
ospedale
è di 77 anni e la campagna di somministrazione della dose
stagionale di vaccino anti-Covid tra gli ultra 60enni è ornai ferma al
4%.
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𝐑𝐀𝐆𝐀𝐙𝐙𝐀 𝐃𝐈 𝟏𝟗 𝐀𝐍𝐍𝐈 𝐈𝐍 𝐏𝐄𝐑𝐈𝐂𝐎𝐋𝐎:
𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐓𝐀 𝐆𝐑𝐀𝐙𝐈𝐄 𝐀𝐋 "𝐒𝐈𝐆𝐍𝐀𝐋 𝐅𝐎𝐑 𝐇𝐄𝐋𝐏",
𝐈𝐋 𝐆𝐄𝐒𝐓𝐎 𝐈𝐍𝐓𝐄𝐑𝐍𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐀𝐋𝐄 𝐃𝐈 𝐑𝐈𝐂𝐇𝐈𝐄𝐒𝐓𝐀 𝐃'𝐀𝐈𝐔𝐓𝐎
𝐏𝐄𝐑 𝐕𝐈𝐓𝐓𝐈𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐕𝐈𝐎𝐋𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐄𝐒𝐒𝐔𝐀𝐋𝐄.
Milano - E' ormai qualcosa che ogni giorno accade e che dobbiamo,
tutti quanti trovare il modo di fermare, arginare, bloccare e
combattere.
La prima cosa che tutti dobbiamo fare è prestare attenzione, essere
svegli, attenti, perchè anche solo la comprensione di un pericolo
imminente
può salvare la vita a qualcuno. Questa volta lo spavento e la
disavventura sono toccati a una 19enne italiana di seconda generazione,
ed è è stata salvata da un possibile stupro solo grazie all'intuito e
all'attenzione di una commessa del Mc. Donald di via Torino a Milano,
che ha riconosciuto il "Signal for Help" fattole dalla ragazza, il
segnale internazionale d'aiuto per le vittime di violenza sessuale.
La 19enne, che chiameremo Sara, residente in provincia di Bergamo, era
venuta a Milano per assistere a un concerto, e ha conosciuto
un gruppo di ragazzi con cui chiacchierare in Piazza del Duomo. Tra
questi però c'era anche quello che poi è diventato il aggressore,
un 23enne marocchino senza fissa dimora. I due hanno iniziato a parlare dopo che il gruppo si è sciolto
e dopo un po' il ragazzo ha proposto alla giovane di fare una passeggiata.
Arrivati in piazza della Scala però, il marocchino ha iniziato a fare
avances alla ragazza, a palpeggiarla e, al rifiuto di Sara,
secondo quanto raccontato della 19enne, ha iniziato a minacciarla,
dicendole che se si fosse allontanata l'avrebbe "fatta a pezzi".
Sara da qual momento è rimasta impietrita e non è stata in grado di scappare o di chiedere aiuto.
Il marocchino le ha ordinato di seguirla, perchè l'avrebbe portata
nella sua abitazione nei pressi della zona Ticinese. L'ha presa per
mano
e l'ha costretta a seguirlo a piedi. Mentre camminavano sono passati davanti a un McDonald's dove Sara ha notato una dipendente
che stava chiudendo il locale. Ha tentato di avvicinarsi a lei con la scusa di poter andare in bagno ma la commessa
le ha detto che i servizi erano già stati chiusi al pubblico. E' stato
in quel momento che Sara ha tentato il tutto per tutto: mentre parlava
con la commessa le ha mostrato il segnale di aiuto stando attenta che il suo rapitore non la notasse.
La commessa per fortuna ha subito riconosciuto il gesto perchè, e a
volte il caso è proprio benevolo, è stata lei stessa a diffondere
la conoscenza del Signal for Help sul suo profilo social. La dipendendente di Mc Donald ha immediatamente chiamato
il 112 e la polizia, subito intervenuta, è riuscita a rintracciare
Sara e il suo aggressore prima che arrivassero nella abitazione,
arrestando il marocchino e portando Sara in ospedale per accertamenti, dato che aveva segni di ferite
sulle braccia e sul volto oltre ad essere visibilmente sotto shock.
La storia di Sara è un esempio di come sia importante essere attenti ai segnali di aiuto delle donne. Il "Signal for Help"
è un gesto semplice, ma può salvare la vita. È importante diffondere la
conoscenza di questo gesto e insegnare a tutti a riconoscerlo.
Ognuno di noi, infatti, può fare la differenza.
L'Audace, un anno fa, ha pubblicato un piccolo vademecum per evitare situazioni a rischio e per riconoscere i segnali
di pericolo in caso di una donna che subisce violenza. Ecco alcuni dei segnali più comuni: un cambiamento repentino di umore
o di comportamento; un atteggiamento di chiusura o di isolamento: una diminuzione dell'autostima o della fiducia;
l'uso improvviso di alcol o droghe; la presenza di lesioni o lividi. Se notate uno di questi segnali, è importante intervenire.
Potete chiedere alla persona se sta bene e se ha bisogno di aiuto.
Oppure, potete contattare un centro antiviolenza o le forze dell'ordine.
(https://www.facebook.com/laudaceonline/posts/pfbid0eu1CE5HyYG2M6uiajvC3XwS7scBgnUw4B8nKu9S76FJBYA7fJkwNkP6KngGphjhMl)
La storia di Sara è una storia, purtroppo, che può accadere tutti i giorni, e la commessa del Mc. Donald
ha dimostrato intelligenza, attenzione, coraggio e solidarietà.

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𝐀𝐂𝐈𝐃𝐎 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐑𝐎 𝐋𝐀 𝐄𝐗: 𝐋𝐀 𝐆𝐈𝐔𝐒𝐓𝐈𝐙𝐈𝐀 𝐇𝐀 𝐅𝐀𝐋𝐋𝐈𝐓𝐎 𝐃𝐈 𝐍𝐔𝐎𝐕𝐎
Ancora tutti scossi e sdegnati per il femminicidio di Giulia
Cecchettin, uccisa a coltellate dal suo ex fidanzato e lasciata morire
dissanguata
dopo una lunga agonia, dobbiamo subito fare i conti con un'altra
aggressione brutale e vigliacca, un crimine odioso
che ha colpito un'altra giovane donna innocente. E per l'ennesima volta, la giustizia italiana ha fallito
nel proteggere una vittima che aveva già denunciato il suo aggressore.
La vicenda è quella di una ragazza di 23 anni, aggredita dall'ex
fidanzato, Said Cherrah, 25 anni, nella zona industriale di Erba,
in provincia di Como. L'uomo ha gettato acido muriatico sul viso e sul
corpo della giovane, che è stata portata in ospedale con gravi ustioni.
Cherrah è stato arrestato dai carabinieri, ma la sua liberazione dopo l'arresto per stalking di agosto
è un fatto gravissimo che getta un'ombra sulla giustizia italiana.
La storia purtroppo era nota alle istituzioni. La ragazza aveva denunciato l'ex fidanzato per stalking, e lui l'aveva attesa
fuori dalla caserma dei carabinieri e le aveva danneggiato l'auto con il crick. Cherrah era stato arrestato,
ma poi aveva ottenuto i domiciliari e a settembre era stato rimesso in libertà con il divieto di avvicinamento alla vittima.
Un divieto che, evidentemente, non è stato rispettato. L'uomo ha dato
appuntamento alla ragazza e l'ha aggredita in modo vile e brutale.
Questa vicenda è un altro fallimento della giustizia italiana. La vittima ha denunciato il suo aggressore,
ma non è stata protetta a sufficienza. Cherrah è stato libero di continuare a perseguitarla e alla fine
ha commesso un crimine orribile. La giustizia italiana deve rivedere le
sue procedure per la tutela delle vittime di violenza e stalking.
I provvedimenti restrittivi devono essere più severi e devono essere applicati con maggiore rigore.
Inoltre, è necessario aumentare la sensibilizzazione su questo tema. La violenza nei confronti delle donne
è un problema grave che riguarda tutti, indipendentemente dall'età, dalla classe sociale o dalla provenienza.
La ragazza di Erba è una vittima innocente che ha subito un'aggressione brutale. La giustizia doveva fare di più
e di tutto per proteggerla e per assicurarsi che l'autore del crimine
venisse punito severamente proprio per evitare quanto accaduto oggi.
Inoltre, è necessario fare un passo indietro e chiedersi come sia potuto accadere che un uomo già condannato
per stalking abbia potuto aggredire nuovamente la sua ex fidanzata. La risposta è semplice: la giustizia
italiana non ha fatto il suo dovere, o l'ha fatto male, il che non cambia le cose. I provvedimenti restrittivi
non sono stati applicati in modo efficace e la vittima non è stata protetta.
Questo è un fallimento grave che deve essere affrontato. È necessario cambiare le procedure per la tutela
delle vittime di violenza e stalking e aumentare la sensibilizzazione su questo tema. Solo così potremo evitare
che tragedie come quella di Erba, e come le oltre 100 dal Gennaio ad oggi, si ripetano.

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GLI SPECIALI DE L'AUDACE
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𝐀𝐋𝐂𝐔𝐍𝐈 𝐆𝐈𝐎𝐑𝐍𝐀𝐋𝐈𝐒𝐓𝐈 𝐒𝐀𝐏𝐄𝐕𝐀𝐍𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐌𝐈𝐍𝐄𝐍𝐓𝐄 𝐀𝐓𝐓𝐀𝐂𝐂𝐎
𝐃𝐈 𝐇𝐀𝐌𝐀𝐒 𝐈𝐍 𝐈𝐒𝐑𝐀𝐄𝐋𝐄 𝐄 𝐍𝐎𝐍 𝐇𝐀𝐍𝐍𝐎 𝐈𝐍𝐅𝐎𝐑𝐌𝐀𝐓𝐎 𝐍𝐄𝐒𝐒𝐔𝐍𝐎?
𝚂𝙴
𝙴' 𝚅𝙴𝚁𝙾 𝚂𝙸 𝚃𝚁𝙰𝚃𝚃𝙰 𝙳𝙴𝙻𝙻𝙰 𝙿𝙸𝚄' 𝙶𝚁𝙰𝙽𝙳𝙴
𝚅𝙴𝚁𝙶𝙾𝙶𝙽𝙰
𝙳𝙴𝙻 𝙶𝙸𝙾𝚁𝙽𝙰𝙻𝙸𝚂𝙼𝙾 𝙼𝙾𝙽𝙳𝙸𝙰𝙻𝙴, 𝙿𝙴𝚁𝙲𝙷𝙴' 𝙽𝙾𝙽 𝚂𝙰𝚁𝙴𝙱𝙱𝙴 𝙿𝙸𝚄'
𝙸𝙽𝙵𝙾𝚁𝙼𝙰𝚉𝙸𝙾𝙽𝙴,
𝙼𝙰 𝙲𝙾𝙼𝙿𝙻𝙸𝙲𝙸𝚃𝙰' 𝙸𝙽 𝙰𝚃𝚃𝙸 𝙳𝙸 𝚃𝙴𝚁𝚁𝙾𝚁𝙸𝚂𝙼𝙾.
(𝖭𝖤𝖫𝖫𝖮 𝖲𝖯𝖤𝖢𝖨𝖠𝖫𝖤 𝖳𝖴𝖳𝖳𝖤 𝖫𝖤 𝖫𝖤𝖦𝖦𝖨 , 𝖨𝖳𝖠𝖫𝖨𝖠𝖭𝖤 𝖤 𝖬𝖮𝖭𝖣𝖨𝖠𝖫𝖨 )
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Misteri e dubbi sul ruolo di 4 fotografi freelance al massacro di
Hamas. Sapevano cosa sarebbe successo? Il governo israeliano e
l'organizzazione
non governativa Honest Reporting chiedono spiegazioni alle agenzie di
stampa che hanno pubblicato le foto dei quattro giornalisti.
Come ormai sa tutto il mondo il 7 ottobre, un gruppo di terroristi di
Hamas ha condotto un sanguinoso attacco alla Striscia di Gaza,
uccidendo migliaia di persone,
tra cui molti bambini. Le immagini dell'attentato, riprese da bodycam e
dai telefoni dei miliziani, hanno fatto il giro del mondo, suscitando
orrore e sdegno.
Tra le immagini che hanno colpito di più, ci sono quelle scattate da
quattro fotografi freelance che lavorano per agenzie di stampa
internazionali, tra cui
Associated Press e Reuters. Le foto, che mostrano i terroristi in
azione, sono state utilizzate da media di tutto il mondo per raccontare
l'attentato.
Tuttavia, la presenza di questi fotografi sul luogo dell'attacco ha sollevato una serie di dubbi e interrogativi. Innanzitutto,
come potevano essere presenti lì, così presto, senza l'autorizzazione
delle autorità israeliane? In secondo luogo, come facevano a spaere
cosa sarebbe successo? In terzo luogo, il più atroce: hanno collaborato con i terroristi?
L'organizzazione non governativa Honest Reporting, che da sempre "monitora i media alla ricerca di pregiudizi contro Israele",
ha pubblicato un report in cui solleva questi dubbi. Nel report, Honest Reporting scrive che i quattro fotografi,
Hassan Eslaiah, Yousef Masoud, Ali Mahmud e Hatem Ali, erano già
presenti sul luogo dell'attacco prima che i terroristi iniziassero a
sparare.
Honest Reporting cita anche alcune prove che suggeriscono che i
fotografi fossero a conoscenza del piano dell'attacco. Ad esempio,
Eslaiah ha pubblicato su Twitter un'immagine di sé in piedi davanti a un carro armato israeliano in fiamme, con la didascalia
"In diretta dall'interno degli insediamenti della Striscia di Gaza".
Inoltre, Eslaiah è stato visto in un filmato in cui è in moto,
dietro a un miliziano, e sembrerebbe tenere nella mano sinistra una granata.
Le agenzie di stampa che hanno pubblicato le foto dei quattro
fotografi, Associated Press e Reuters, hanno affermato di non essere
a conoscenza degli attacchi prima che accadessero. Tuttavia, hanno sospeso la collaborazione con Eslaiah.
Il governo israeliano ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di
considerare con "severità" le informazioni contenute nel report
di Honest Reporting. L'ufficio stampa del governo ha etichettato
i giornalisti come "complici di crimini contro l'umanità".
I dubbi e le accuse sollevate da Honest Reporting e dal governo
israeliano hanno suscitato sdegno e indignazione in tutto il mondo.
Molti commentatori hanno accusato i fotografi di aver violato il codice
deontologico del giornalismo, collaborando con un gruppo
terroristico e documentando un crimine contro l'umanità. Altri, invece, hanno sostenuto che i fotografi stavano semplicemente
svolgendo il loro lavoro, documentando un evento storico. Hanno anche affermato che i fotografi non erano a conoscenza
del piano dell'attacco e che non hanno collaborato con i terroristi. La
vicenda è ancora in fase di accertamento. Tuttavia, è chiaro
che il ruolo dei quattro fotografi freelance al massacro di Hamas è destinato a rimanere un mistero.
LE LEGGI E LE NORMATIVE SULL'ARGOMENTO:
In Italia, i giornalisti sono tenuti a informare le autorità competenti
se sono a conoscenza di atti criminali. Questo obbligo è previsto
dalla legge 3 agosto 1990, n. 241, che regola l'accesso ai documenti amministrativi. L'articolo 26 di questa legge prevede
che chiunque abbia notizia di un reato perseguibile d'ufficio è
obbligato a denunciarlo all'autorità giudiziaria. Questa disposizione
si applica anche ai giornalisti, che sono considerati soggetti pubblici
ai sensi della legge. L'obbligo di denuncia è un obbligo di legge,
che non può essere derogato da alcun accordo o convenzione. I giornalisti che non denunciano un reato perseguibile
d'ufficio possono essere puniti con la reclusione da sei mesi a due anni.
Inoltre, la legge 18 marzo 2000, n. 71, che disciplina la tutela della riservatezza delle notizie giornalistiche, prevede che
i giornalisti sono tenuti a rivelare alle autorità competenti le notizie che riguardano un reato perseguibile d'ufficio,
se la rivelazione è necessaria per impedire la commissione del reato o per assicurare le prove. In questo caso, il giornalista
non è punibile per la violazione del segreto professionale, beneficio e dovere quest'ultimo, riservato ai soli giornalisti
iscritti nell'elenco dei Professionisti, quindi non esteso ai pubblicisti.
L'obbligo di informare le autorità competenti di atti criminali è
giustificato dal fatto che la libertà di informazione non può essere
assoluta.
Il diritto di cronaca, infatti, deve essere bilanciato con il diritto alla sicurezza e alla giustizia. La denuncia dei reati
è un importante strumento per garantire la tutela dei diritti dei
cittadini e per assicurare l'ordine pubblico. I giornalisti, in quanto
soggetti pubblici, hanno un ruolo fondamentale in questo processo.
Ma le norme che obbligano i giornalisti a informare le autorità competenti di atti criminali
sono presenti in molti paesi del mondo. In Europa, l'obbligo di denuncia è previsto dalla Convenzione europea
dei diritti dell'uomo, che è stata ratificata da tutti i paesi dell'Unione europea. L'articolo 6 della Convenzione prevede che
chiunque abbia notizia di un reato perseguibile d'ufficio è obbligato a denunciarlo all'autorità giudiziaria.
In molti paesi europei, l'obbligo di denuncia è previsto anche da leggi nazionali. Ad esempio, in Francia, l'articolo 40
del codice di procedura penale prevede che chiunque abbia notizia di un
reato perseguibile d'ufficio è obbligato a denunciarlo all'autorità
giudiziaria.
In America, l'obbligo di denuncia è previsto dalla Convenzione
americana sui diritti umani, che è stata ratificata da molti paesi del
continente.
L'articolo 29 della Convenzione prevede che chiunque abbia notizia di un reato perseguibile d'ufficio è obbligato a
denunciarlo all'autorità giudiziaria. In molti paesi americani,
l'obbligo di denuncia è previsto anche da leggi nazionali. Ad esempio,
negli Stati Uniti,
l'articolo 312 del codice penale federale prevede che chiunque abbia
notizia di un reato perseguibile d'ufficio è obbligato a denunciarlo
all'autorità giudiziaria.
In Asia, l'obbligo di denuncia è previsto da molte leggi nazionali. Ad
esempio, in Cina, la legge sulla prevenzione e repressione dei reati
prevede che chiunque abbia notizia di un reato perseguibile d'ufficio è obbligato a denunciarlo all'autorità giudiziaria.
In Africa, l'obbligo di denuncia è previsto da molte leggi nazionali. Ad esempio, in Sud Africa, la legge sulla polizia prevede
che chiunque abbia notizia di un reato perseguibile d'ufficio è obbligato a denunciarlo all'autorità giudiziaria.
In generale, l'obbligo di denuncia dei reati è giustificato dal fatto
che la libertà di informazione non può essere assoluta. Il diritto di
cronaca,
infatti, deve essere bilanciato con il diritto alla sicurezza e alla
giustizia. La denuncia dei reati è un importante strumento per
garantire
la tutela dei diritti dei cittadini e per assicurare l'ordine pubblico.
I giornalisti, in quanto soggetti pubblici, hanno un ruolo fondamentale
in questo processo.
Solo in alcuni casi, l'obbligo di denuncia dei reati può essere
derogato. Ad esempio, il giornalista può essere esonerato dall'obbligo
di denuncia se la denuncia potrebbe mettere in pericolo la vita o l'integrità fisica di una persona; se la denuncia potrebbe
compromettere la riservatezza di una fonte e se la denuncia riguarda un
reato che è già stato denunciato da altri soggetti. Inoltre,
il giornalista può essere esonerato dall'obbligo di denuncia se la
denuncia è finalizzata a impedire la commissione di un reato più grave.
Ad esempio, un giornalista che è a conoscenza di un piano per commettere un attentato terroristico può essere esonerato
dall'obbligo di denuncia se la denuncia potrebbe mettere in pericolo la vita di innocenti.
L'obbligo di denuncia dei reati è stato comunque criticato da alcuni giornalisti, specialmente della stampa estera,
che lo considerano una violazione della libertà di informazione. I
critici sostengono che l'obbligo di denuncia potrebbe dissuadere
i giornalisti dal pubblicare notizie che potrebbero portare alla
denuncia di reati. Inoltre, i critici sostengono che l'obbligo
di denuncia è arbitrario, in quanto non è sempre chiaro quali reati siano perseguibili d'ufficio. I critici sottolineano
che l'obbligo di denuncia potrebbe portare alla denuncia di reati che
non sono effettivamente reati, o che sono di scarsa rilevanza pubblica.
Nonostante le critiche, l'obbligo di denuncia dei reati è una norma presente in molti paesi del mondo. La norma è giustificata
dal fatto che la libertà di informazione non può essere assoluta, e che
la tutela dei diritti dei cittadini e dell'ordine pubblico è un
obiettivo importante.

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𝐌𝐈𝐋𝐀𝐍𝐎:
"𝐀𝐈𝐔𝐓𝐀𝐓𝐄𝐂𝐈 𝐀 𝐒𝐀𝐋𝐕𝐀𝐑𝐄 𝐆𝐋𝐈 𝐎𝐒𝐓𝐀𝐆𝐆𝐈 𝐈𝐒𝐑𝐀𝐄𝐋𝐈𝐀𝐍𝐈"
𝐓𝐀𝐍𝐓𝐄 𝐅𝐎𝐓𝐎 𝐀𝐏𝐏𝐄𝐒𝐄 𝐈𝐍 𝐌𝐀𝐓𝐓𝐈𝐍𝐀𝐓𝐀 𝐍𝐄𝐋 𝐂𝐄𝐍𝐓𝐑𝐎 𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀'.
Foto di ostaggi israeliani tenuti prigionieri da Hamas a Gaza sono
apparse all'alba di oggi in varie zone del centro città. Le immagini,
in bianco e nero,
ritraggono i volti dei cinque cittadini israeliani rapiti nel maggio
scorso da un gruppo di miliziani del movimento islamico
palestinese.
Le foto sono state appese a delle cabine telefoniche, in piazza
Castello, piazza Cordusio, negli ingressi delle metropolitane in piazza
del Duomo.
I manifesti, di grandi dimensioni, riportano anche una didascalia in
italiano e in inglese che chiede la liberazione degli ostaggi.
"Queste foto degli ostaggi da Hamas, tenuti prigionieri a Gaza,
pubblicate all'alba oggi a Milano, significano molto per me", scrive un
utente su Twitter, Anshel Pfeffer.
"Milano è dove mia nonna trovò rifugio quando fuggì dalla Germania
nazista e mio nonno la incontrò e ricostruì la sua vita dopo
essere sopravvissuto ai campi".
Al momento non è noto chi ha portati avanti questo blitz nelle prime
ore dell'alba. Probabilmente si tratta di un'iniziativa di un gruppo
di attivisti che vogliono sensibilizzare l'opinione pubblica sulla sorte degli ostaggi israeliani.
Il rapimento dei cinque cittadini israeliani ha suscitato grande
clamore in tutto il mondo. Hamas ha chiesto in cambio della loro
liberazione la liberazione
di oltre 2.500 prigionieri palestinesi detenuti in Israele. L'esercito
israeliano ha lanciato una serie di attacchi contro Gaza per cercare
di liberare gli ostaggi, ma finora le operazioni non hanno avuto successo.
Le foto apparse a Milano rappresentano un nuovo colpo di scena in questa vicenda che si trascina ormai da mesi.
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GLI SPECIALI DE L’AUDACE
GIORGIO ALMIRANTE: GIORNALISTA, DECORATO
CON LA CROCE DI GUERRA AL VALOR MILITARE,
PADRE DELLA DESTRA ITALIANA DEL DOPOGUERRA,
OGGI E’ SOLO UNO SCOMODO IDEALE DIMENTICATO.
di Salvatore Giuliano
Per chi crede che da un anno in Italia ci sia un Governo di Destra è arrivato il momento di ricredersi e di documentarsi,
facendo un passo indietro nella storia d’Italia per capire cosa sia
veramente la destra italiana, e quali siano i valori che incarna
e che dovrebbero rappresentare un popolo con degli ideali inossidabili,
e non ballerini o intermittenti in base al tornaconto economico
o di altri compromessi tipici di una politica che mai la destra
italiana ha rappresentato e rappresenta. Il Governo Meloni,
ideologicamente,
non ha nulla a che fare con la destra identitaria nata nel dopoguerra,
non si configura con le radici di una destra autentica, sociale e
patriottica;
radici piantate da Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, diventato poi M.S.I-DN, poi annacquato in AN
dopo la svolta di Fiuggi, fino a trasformarsi in un ibrido
partito di destra apparente come FDI. Oggi quasi tutti i movimenti
giovanili
della destra si sono dissociati dalla politica di questo governo
e contestano apertamente le scelte e le posizioni prese dal Premier,
perché le ritengono antisociali, e questo è sempre stato un punto
fermo della vera destra italiana, e soprattutto le considerano
non identitarie nel complesso panorama della confusione politica generale.
E’ impossibile, e sarebbe comunque anche scorretto ideologicamente solamente ipotizzarlo, fare oggi un confronto
di parallelismo personale tra Giorgia Meoni e Giorgio Almirante, ma è evidente che la destra italiana,
allo stato dei fatti attuali, non esiste più. Perché le manovre
finanziarie, gli interventi generali, la ferma convinzione europeista
e gli atteggiamenti unilaterali assunti nei confronti della geopolitica
nel conflitto bellico russo/ucraino, spostano l’asse ideologico
di un movimento nato con la volontà di dare al paese una identità autoctona e ben precisa, mantenendo integri i valori
della sicurezza, degli interventi sociali, del funzionamento
della pubblica amministrazione, e dell’impegno primario, e principe,
di garantire al paese solidità, ordine e osservanza di leggi giuste e applicate con giustezza.
Tutto questo oggi non c’è, non esiste, e FDI non sta cercando di ripristinare un equilibrio che da anni e anni
questo paese non ha più, e non certo per colpa di FDI. Ha trovato sicuramente uno sfacelo, e questo è innegabile,
ma le scelte e la politica che questo governo sta attuando e sta intraprendendo, non hanno nulla a che vedere
con qualcosa che ricalca gli schemi e le matrici della destra
nazionale ideata e voluta e costruita a fatica da Giorgio Almirante.
E non è certo in merito alle piccole manchevolezze e alla polemica sterile del nome delle vie da dedicare al compianto
segretario del MSI che si possono identificare le numerose,
e troppe, incongruenze politiche di questo Governo.
Per quanto, anche sull’argomento della dedica delle vie, qualche parola da dire in merito ci sarebbe pure: per anni FDI,
quando era all’opposizione, ha fatto battaglie durissime per ottenere l’autorizzazione di intitolare vie e piazze
a Giorgio Almirante; autorizzazioni sempre negate, ma oggi che si trova
al comando di una nazione sembra aver dimenticato ogni cosa.
Nel 2016 Giorgia Meloni, in corsa per la poltrona di Sindaco a Roma, lanciò il suo anatema: “da sindaco intitolerò una
strada ad Almirante e non ci daremo mai per vinti”: ma Giorgia Meloni non è mai diventata Sindaco,
però adesso che è addirittura la prima carica dello Stato, non ha tempo e voglia di ricordarsi quello che aveva
in mente di fare quando era candidata a diventare il primo cittadino della Capitale.
Tutt’altra pasta insomma; tutt’altra capacità e coerenza politica, ma
soprattutto tutt’altra destra, che non si può né paragonare
né confrontare con chi la destra in Italia l’ha costruita nel dopoguerra, con grande difficoltà e con avversari ostili
e difficili da sbaragliare, perché agguerriti e senza la minima voglia di cedere il passo a un uomo che oggi, seppur ricordato
con estremo rispetto da tutte le forze politiche, anche quelle
contrarie e avversarie, non è diventato altro che uno scomodo confronto
con gli ideali, gli spessori e la profondità, l’onestà intellettuale e
politica, che nulla hanno a che vedere con quelli di Giorgio Almirante.
Almirante è nato a Salsomaggiore Terme il 27 giugno 1914 ed è deceduto a Roma il 22 maggio 1988. E’ stato uno dei più amati
e detratti politici italiani. Funzionario del regime fascista durante
la Repubblica Sociale Italiana, per la quale ricoprì la carica
di capo di gabinetto al Ministero della cultura popolare, fu
esponente di spicco della Prima Repubblica mantenendo la carica
di deputato dal 1948 alla sua morte. Nel dopoguerra fu di fatto il fondatore del Movimento Sociale Italiano, un partito
dalla netta e inconfondibile matrice destrorsa, e di cui fu segretario
tra il 1947 ed il 1950 e, successivamente, tra il 1969 ed il 1987,
appoggiò la fusione con gli esponenti monarchici che comportò la
ridenominazione del partito in Movimento Sociale Italiano - Destra
Nazionale.
Adolescente a Torino si iscrisse al Ginnasio e prese la
maturità Classica a Roma all’inizio degli anni Trenta. Si
iscrisse alla facoltà
di lettere e filosofia della Sapienza e si dedicò al giornalismo
politico diventando praticante al quotidiano Il Tevere.
Dopo il conseguimento della laurea e dopo il servizio militare, tornò al giornale dove divenne caporedattore.
Nel 1938 fu segretario di redazione della rivista “la difesa della razza”, ma nel dopoguerra, in più occasioni, ripudiò
le tesi che aveva sostenuto sulla questione razziale, e nel 1940
fu corrispondente di guerra al fronte africano e venne
decorato di Croce di guerra al valor militare. Il 26 luglio 1943, il giorno successivo alla caduta del fascismo, Almirante
andò regolarmente al lavoro a Il Tevere con il distintivo del Partito
nazionale fascista (PNF) sulla giacca, e tra il luglio e il settembre
del 1943 aveva trovato lavoro al ministero della Cultura Popolare, dove diventerà capogabinetto nel maggio del 1944.
Al contrario di quanto molti credono nella RSI Almirante non svolse
attività propriamente politica, ma soprattutto burocratica e
giornalistica.
Nei giorni dell’insurrezione, Almirante trovò rifugio a Milano
nell’abitazione di Emanuele Levi, un amico ebreo e compagno di scuola a
Torino,
a cui aveva anche cercato di evitare al padre la deportazione in
Germania. Alla fine del 1947 si misurò con le prime elezioni che
coinvolsero
il MSI che sfiorò il 4% dei consensi. Volle dare al Partito una impostazione fortemente identitaria riproponendo
le riforme sociali della RSI e allontanando la prospettiva di un semplice anticomunismo.
Almirante mostrò da segretario del movimento la sua principale abilità, che poi fu una costante nella sua vita politica,
ovvero l’inossidabile legame con la base dei militanti. La sua correttezza parlamentare, il suo permanere orgogliosamente
all’opposizione, senza alcuna speranza di raggiungere il potere, erano dimostrazione di una pratica accettazione delle
regole dello Stato democratico, senza mai dimenticare però le sue
origini di pensiero. Il fascismo per Almirante, come per tutto il MSI,
non era tanto un’ideologia, quanto un “vissuto”, un comportamento, uno
stile di vita. Si potevano accettare lo Stato democratico, le elezioni,
il suffragio popolare, ma alla condizione di non dovere, contemporaneamente, rinnegare se stessi e il proprio passato.
Dal punto di vista politico, Almirante ritenne l’umanesimo del lavoro e del sociale come struttura portante della società
che aveva in mente: le proposte politiche alle quali fu più legato, e
che propose costantemente e con forza, furono la integrazione
della rappresentanza parlamentare e la partecipazione agli utili e alla
gestione delle imprese che, insieme con la repubblica presidenziale,
non dovevano lasciare nessun italiano indietro, perchè Almirante ha
sempre sostenuto con fermezza e caparbietà che non si dovevano creare
sacche
di ricchezza o di povertà, ma una società giusta ed equilibrata
dove, appunto, il sociale ne diventasse la bandiera e lo stemma.
La grande popolarità conquistata dal MSI accrebbe ulteriormente con la
campagna per il ritorno di Trieste all’Italia e il successo alle
elezioni del 1953.
Nel 1969 Almirante tornò alla segreteria del Partito, che gestì
proseguendo con la sua incrollabile politica di destra che aveva
caratterizzato
la segreteria precedente, con il nuovo nome aggiunto al vecchio MSI:
DN, Destra Nazionale, a significare un forte ancoraggio a destra
con i monarchici e con i cattolici. I risultati vennero alle elezioni amministrative del 1971 e alle politiche del 1972,
quando raggiunse il suo massimo storico: 8,6% alla Camera e 9,1% al
Senato, quasi tre milioni di voti per complessivi 81 parlamentari.
Nel 1974 il MSI-DN decise di appoggiare il referendum abrogativo della legge sul divorzio, introdotta nel 1970.
Dopo il congresso del 1977 iniziò un’altra fase della seconda
segreteria di Almirante e quattro anni dopo, nelle elezioni
anticipate del 1987,
ci fu un lieve ridimensionamento dei consensi. Fu così indetto il XV congresso a Sorrento nel Dicembre del 1987,
dove Almirante raccomandò di diffidare dalle storicizzazioni, perché potevano essere un’anticamera della liquidazione.
Un paio di mesi prima del congresso, indicò il possibile successore in Gianfranco Fini. Almirante ribadì il concetto:
“noi siamo quello che fummo, e saremo domani quello che siamo”. Ricoprì la carica ancora per soli quattro mesi:
la sua salute, già precaria, peggiorò e, dopo un’ultima operazione, morì il 22 maggio 1988.