"Berta era una strega. Di quelle che affollano i romanzi ed i film dell'orrore. Di quelle che nella realtà non dovrebbero esistere. Però a volte ci sono. In certi luoghi esistono. Esse vivono."

 

 

Era una bellissima giornata. Max non era andato al lavoro semplicemente perché non ne aveva voglia. Il sole era già alto quando lui si era svegliato e aveva incredibilmente sentito cantare gli uccelli. Quello era un fatto del tutto straordinario perché in città una cosa del genere era abbastanza insolita, eppure li aveva sentiti per davvero. Distintamente. Pauline dormiva beata nel suo lettino con le sbarrettine in legno e Liliane in cucina preparava il caffè.
Quel canto armonioso ed il sole raggiante, nonostante fossero solo gli inizi di febbraio, lo invogliarono ad una giornata di vacanza.
Niente ufficio, niente traffico in automobile. Solo ozio e la sua famiglia. Una breve telefonata al suo socio in affari ed il gioco era fatto. Era libero di fare esattamente tutto quello che gli veniva in mente. Sembrava proprio un buon mercoledì.
Dopo aver passato una mezz'ora abbondante in bagno, si vestì e si apprestò a fare colazione. Pauline si era svegliata, e mentre Max dava vita al suo rito quotidiano preferito (latte fresco e biscotti secchi), stava ora facendo un serio ed impegnato discorso al suo nuovo compagno di giochi. La piccola bimba di sette mesi era sistemata su un seggiolino appoggiato sopra il grande tavolo della luminosissima cucina, e Liliane era indaffarata nelle faccende quotidiane. Max, tra un biscotto e l'altro, agitava il dito davanti al viso della sua unica figlia, emettendo suoni e versi che solo i papà sanno fare ai loro bambini.
Pauline non lo degnava di uno sguardo perché tutte le sue attenzioni e le sue energie erano dedicate al giochino che Max le aveva comprato il giorno prima. In effetti era molto carino, per questo Max lo aveva preso senza pensarci su. Non aveva cambiato idea nemmeno dopo aver sentito il prezzo. Era un semplice insieme di cerchi che giravano ognuno all'interno dell'altro, grazie ad un perno centrale colorato. Muovendolo avanti e indietro e facendo girare i cerchi di plastica, si dava vita ad una serie di rumori originati dalla presenza di microscopiche sfere situate all'interno dei tubolari.
(frrr, frrr, frrr).
Nel cerchio centrale, il più piccolo, c'era un dischetto con raffigurato il viso sorridente di un clown. La base era a ventosa. Pauline, appena Max glielo fece ballare davanti agli occhi, pianse disperatamente. Dopo un po', con riluttanza, cercò di toccarlo, ma non appena lo ebbe afferrato si rimise a piangere. Per tutta la sera lo ignorò mentre, quella mattina, era lì a fargli chissà quale scoordinato discorso a base di: “uh, uh, eh, eh". Max sollevò il giochetto dal tavolo per poterlo avvicinare alla bambina, (frrr, frrr, frrr) ma nel fare quel gesto la ventosa, sollecitata dietro la spinta, si liberò bruscamente e fece compiere a Max un maldestro movimento del braccio. Urtò di conseguenza la tazza che, cadendo dal tavolo, si ruppe a terra inondando il pavimento di latte bollente. Max si alzò di scatto e la piccola Pauline scoppiò in un pianto isterico e spaventato. Liliane accorse in cucina con ancora in mano una federa del cuscino. Prese subito in braccio la bambina tranquillizzandola con carezze e baci sui fini e radi capelli rossicci. "Ma si può saper cosa hai combinato?", chiese Liliane e senza attendere risposta sistemò Pauline nel suo lettino e rimediò al piccolo disastro provocato da suo marito. Max aveva fatto volare sotto il divano il nuovo gioco, causa innocente dell'accaduto, non appena il latte bollente si era rovesciato. Lo recuperò e facendolo rumoreggiare andò ad agitarlo sopra il lettino della bambina.
(frrr, frrr, frrr)
Pauline rideva come una matta e Max, ormai dimentico dell'accaduto, aveva voglia di giocare con lei. Sempre chino sulla bambina, appoggiando il peso del corpo sulle sponde del lettino, fece aderire alla fronte la ventosa del gioco. Questa calzò perfettamente sulla sua pelle. Max ondeggiò il capo, azionando l'elementare susseguirsi dei cerchi accompagnati dai suoni.
(frr, frr, frrr)
Pauline gradì quella buffa performance lasciandosi andare a gridolini di gioia e sussulti del corpo, agitando le piccole e tenere braccia.
Max, vista l'ilarità suscitata in lei, continuò con maggior foga lo scuotimento del capo e di conseguenza il vorticare del giochino. Portò anche i pollici alle orecchie e dopo aver disteso i palmi e le dita di ambedue le mani, le mosse in sincronia dei sonetti emessi dal giochetto.
(frrr, frrr, frrr).
Pauline sembrava al limite della felicità quando tutto ad un tratto si interruppe. Guardò, quasi con spavento Max, e scoppiò in un pianto improvviso ed acuto. Max smise di agitarsi e la sollevò cercando di calmarla. In quel momento arrivò Liliane dicendo: "Ma insomma, sei rimasto a casa per farmi dannare?". Strappò dalle braccia del marito la piccola che non accennava a calmarsi. Poi guardò Max per aggiungere dell'altro ma le labbra rimasero aperte e prive di parole. Max, con ancora piazzato sulla fronte quell'affare, disse:
"Beh?". "Ma...", disse sgomenta Liliane e cambiando tonalità, "... cosa ti è successo?". "Niente, perché?", domandò lui. "Stai... stai sanguinando...", rispose Liliane.
Max si girò verso il grande specchio dell'armadio e guardò la sua immagine riflessa. Un rivolo di sangue gli aveva rigato le tempie e scendeva lento verso il collo. "Oh cazzo...", disse Max allarmato e dirigendosi in bagno, seguito da Liliane e Pauline che ormai si era calmata. Max si piazzò davanti allo specchio e accese la luce. Constatò da vicino i rigagnoli di sangue diramatisi dal bordo della ventosa ancora appiccicata sulla pelle della sua fronte. Lentamente e spostando la base del gioco prima verso destra e poi verso sinistra, cercò di strapparselo.

 

CONTINUA...

 

 

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